Progettare per ‘guardare oltre’
Sono le parole giuste per il direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali che, motivato non solo dalla sensibilità personale ma anche guidato da una convinzione ragionata, ribadisce l’esigenza di un cambio di prospettiva e di umanità nel rapporto cattolici-media.
di Vincenzo Corrado
da Il Telespettatore N° 8/10 2019
Ci sono parole e immagini che, nonostante il passare degli anni, conservano tutta la loro forza profetica. Non sono semplici analisi o istantanee legate a ricordi sbiaditi. Tutt’altro! Sono parole e immagini che restano lì, fisse nel tempo, quasi a segnare il passo di un cammino nuovo. Un’analisi del rapporto tra cattolici e media non può non tener conto di quanto stia mutando lo scenario complessivo della comunicazione e dell’informazione. Ed è proprio qui che s’inserisce il richiamo alla memora viva di una relazione che ha subìto una forte accelerazione negli ultimi quindici anni.
Siamo all’indomani del Grande Giubileo del 2000 e Giovanni Paolo II dedica ai responsabili delle comunicazioni sociali la Lettera Apostolica “Il rapido sviluppo” (24 gennaio 2005) in cui, riflettendo sullo scenario abbozzato dalle nuove tecnologie, pone una serie di questioni non più rinviabili. “La nostra – scrive tra l’altro Wojtyla – è un’epoca di comunicazione globale, dove tanti momenti dell’esistenza umana si snodano attraverso processi mediatici, o perlomeno con essi devono confrontarsi”.
C’è qualcosa di nuovo che spinge e inizia a condizionare in maniera pervasiva le nostre vite. I media non sono più elemento accessorio, ma diventano tessuto connettivo, diventano parte di noi. Non è un caso che Papa Francesco titoli “L’attuale contestocomunicativo” la Lettera Apostolica con cui nel 2015 – esattamente dieci anni dopo Giovanni Paolo II – istituisce la Segreteria per la Comunicazione (oggi Dicastero). Il nome del documento offre una prima chiave di lettura dello scenario mediatico presente: questo, spiega Bergoglio, è “caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dell’interattività”. Per questo, “richiede un ripensamento del sistema informativo”e che si “proceda decisamente verso una integrazione e gestione unitaria”. Ovviamente il Papasi rivolge al contesto della Santa Sede, ma le sue indicazioni aprono un orizzonte valido per tutti. Sul tema Papa Francesco ritorna, nel maggio 2018, in occasione del 50° del quotidiano Avvenire: “La convergenza e l’interattività consentite dalle piattaforme digitali devono favorire sinergie, integrazione e gestione unitaria.
Questa trasformazione richiede percorsi formativi e aggiornamento, nella consapevolezza che l’attaccamento al passato potrebbe rivelarsi una tentazione perniciosa. Autentici servitori della tradizione sono coloro che, nel farne memoria, sanno discernere i segni dei tempi e aprire nuovi tratti di cammino”.
Gli elementi di novità c’interpellano in modo chiaro e deciso, prima che sia troppo tardi per lo sviluppo vorticoso in atto. Il rapporto cattolici-media chiede un cambiamento radicale nell’approccio, ma prima ancora nel profondo del proprio essere. Non è un semplice passaggio strumentale, ma di prospettiva e di umanità. Il confine tra ciò che è media e ciò che non lo è, diventa sempre più labile. Per questo, è necessario convertirsi, cambiare angolo visuale, riformarsi. È questione di sguardo con cui rivolgersi alla realtà. Insomma, bisogna rinnovarsi e incarnare questo rinnovamento proprio in quel rapporto dinamico che la comunicazione chiede. Ricordare la propria “mission”, le proprie radici, la propria storia è importante, ma la memoria non va legata a un passato museale: questa è movimento continuo per discernere i segni dei tempi (cfr Gaudium et Spes 11). La memoria è creatività, antivirus all’autoreferenzialità. Nei secoli la Chiesa ha sempre colto la portata rivoluzionaria delle innovazioni tecnologiche: scrittura, stampa, radio, cinema, televisione, internet… La lungimiranza nel cogliere le potenzialità di ogni strumento non è mai mancata. La progettualità, però, non può vivere di ricordi. Richiede, invece, un grande slancio: la convergenza e l’interattività, più che semplici questioni tecniche, sono capacità di “guardare oltre”… Ecco, allora, l’importanza del progettare per “guardare oltre” ciò che l’oggi ci offre, oltre le difficoltà del tempo presente. E quell’“oltre” non può che essere la qualità di una comunicazione pensata e che faccia pensare, colmando tre grandi gap: approssimazione, violenza e confusione. L’approssimazione è uno dei rischi più diffusi e indica anche scelte precise nel tacere notizie che non hanno una “resa” spettacolare. La violenza è all’origine dello scontro verbale, voluto e cercato. La confusione, infine, richiama semplificazione, conformismo, relativismo, omologazione…
La Chiesa, per natura e vocazione, non può cedere il passo su questi temi, anche a rischio di essere impopolare o irrilevante nei media laici. La testimonianza può essere occasione per un esame di coscienza sulle logiche dominanti nel fare informazione. L’appartenenza ecclesiale non chiama fuori e non deroga dalla professionalità. Anzi è motivo d’impegno ulteriore a spogliare l’informazione da quei “modelli” riduttivi che la selezionano, la divulgano, la interpretano con un’ottica esclusivamente ideologica. L’architrave è la verità. Su di essa poggia la memoria e si apre il futuro.