“Pedo-pornografia nelle TV di casa nostra?”. L’Aiart condivide la denuncia del Prof Marco Brusati
L’Aiart condivide e rilancia la denuncia del prof. Marco Brusati. “Non possiamo e non dobbiamo abbassare la guardia riguardo a certi contenuti lasciati passare in tv” dichiara il presidente AIART Giovanni Baggio.
“Il film “Desire” disponibile su Netflix è finito nel mirino dell’FBI e del Centro Nazionale per i Bambini Scomparsi e Sfruttati per una scena di matrice pedo-pornografica che coinvolge due bambine. Eppure il film non viene bloccato a livello globale, consentendo a chi lo ha realizzato e a chi lo distribuisce di continuare a guadagnarci sopra e dimostrando che la sessualizzazione dell’infanzia è accettata ad ogni livello. Tre riflessioni per orientarsi nel giudizio”.
“Che tipo di perverso può fare questo a un bambino?” recita l’occhiello dell’articolo di Megan Fox su PJ Media, che attacca di petto il regista argentino Diego Kaplan e il suo film “Desire”, il cui titolo originale ribalta il comandamento biblico “Non desidererai la donna d’altri” in “Desearás el hombre de tu hermana”, ovvero “Desidererai l’uomo di tua sorella”. Fin dal titolo si capisce che bambini e bambine non dovrebbero nemmeno avvicinarsi alle riprese di un film che Wikipedia definisce “thriller erotico in ambientazione storica” (period erotic thriller).
Ma non è così e, con forte angoscia, lascio le parole alla Fox: “Nella scena di apertura, due bambine che sembrano essere di circa sette e nove stanno giocando al cavallo su dei cuscini. La bambina più grande comincia a masturbarsi mentre la bambina più piccola guarda. La telecamera riprende la scena al rallentatore e il volto della bambina in primo piano, mentre si muove su e giù ansimando come una porno star”.
Il film è trasmesso da Netflix ed è finito nel mirino dell’FBI e del National Center for Missing and Exploited Children (Centro Nazionale per i Bambini Scomparsi e Sfruttati).
Il regista si difende così: “Quando vediamo uno squalo mangiare una donna sul grande schermo, nessuno pensa che la donna sia realmente morta o lo squalo sia reale. Ovviamente questa scena è stata filmata usando un trucco, rappresentato dal fatto che le ragazzine stavano copiando una scena di cowboy tratta da un film di John Ford. Non hanno mai capito quello che stavano facendo, stavano semplicemente copiando quello che stavano vedendo sullo schermo (…). Tutto è stato realizzato con l’attento controllo delle loro madri“.
Se queste parole sembrano avere un qualche senso e se la prima reazione istintiva è “ah, beh, allora, se è così non è come sembra”, è perché la nostra idea del bene e del male ha subito una distorsione. Sulla vicenda desidero offrire tre semplici riflessioni, che spero non occultino il mio forte disagio e che tutti dovremmo provare: almeno credo o lo credevo fino a ieri.
La prima è di tipo giuridico: la distributrice del film, Netflix, è sottoposta alla legge statunitense secondo la quale (Sezione 2256 del Titolo 18 del Codice) la pedo-pornografia è una rappresentazione visiva di una condotta sessualmente esplicita che coinvolge un minore di 18 anni. Le raffigurazioni visive includono anche fotografie, video, immagini generate al computer o digitali indistinguibili da un minore reale e immagini create, adattate o modificate, ma che sembrano rappresentare un minore reale identificabile”. Quindi è pedo-pornografia anche un cartone animato che mette o sembra mettere in scena minori riconoscibili in atteggiamenti sessualmente espliciti e lo è a maggior ragione una scena con bambine vere e non personaggi virtuali programmati al computer. E, secondo la Legge americana, non interessa se le bambine non sapessero quello che stavano facendo, ma che siano state rappresentate (depicted) in atteggiamento sessualmente esplicito, oltretutto in un thriller erotico.
La seconda: le madri presenti. Si deve accettare che la presenza delle madri sia una ragione sufficiente perché dei minori siano usati per una scena a sfondo erotico in un film? A mio avviso c’è una ragione sufficiente per mandare a casa di queste madri un pool di assistenti sociali e psicologi a verificare la loro capacità genitoriale, perché a nessuna madre, che abiti in Via Montenapoleone a Milano e in una favela di Rio, che abbia due lauree o sia analfabeta, verrebbe in mente di accompagnare la sua bambina su un set dove, cavalcando dei cuscini, viene rappresentata in un atto masturbatorio a beneficio di fantasie marcescenti e putrescenti di adulti in tutto il mondo. Eppure, la loro presenza viene addotta come assurda giustificazione.
La terza riguarda il fatto più grave: queste due bambine non hanno avuto alcuna idea di come sono state, letteralmente, usate. La Fox si chiede, giustamente: “Come si sentiranno quando diventeranno maggiorenni e capiranno che il film è là fuori per sempre? Come sarà la scuola superiore per loro? Qualcuno si preoccupa che queste bambine non potevano dare il loro consenso? Dove sono le grida di indignazione per il modo in cui sono state usate senza consenso?”.
Invece di chiedere scusa, il regista ha detto che depravati sono i suoi critici: “tutto funziona all’interno delle teste degli spettatori, e come pensi che questa scena sia stata girata dipenderà dal tuo livello di depravazione”. Eccoci al punto di non ritorno, quello del rovesciamento della verità fattuale, tanto cara ai cacciatori nostrani di fake-news: un uomo adulto, con i suoi sodali, prende due bambine tra i 6 e i 9 anni e, dopo averne rappresentata (depicted) una in un atto sessualmente esplicito, si permette di dire che la malizia è di chi gli chiede come è stata girata la scena; quindi, se le bambine non si sono accorte di quello che stavano rappresentando, che male c’è?
In realtà, passare da “che male c’è” a “che bene ne viene” sarebbe un risveglio epocale della coscienze, ormai desensibilizzate da dosi da cavallo di morfina mediale che ci portano a pensare che un atto, qualsiasi atto, non è né giusto né sbagliato, né buono né cattivo, ma semplicemente è diverso da un altro atto, da non condannare, ma da comprendere e rispettare: si tratta di un omaggio suicida alla novità e al progresso. Ed è questa, purtroppo, la regola che le lobby pedofile vogliono far passare e che, ripeto purtroppo, oggi è già largamente accettata, come dimostra il fatto che il film non viene bloccato a livello globale, consentendo a chi lo ha realizzato e a chi lo distribuisce di continuare a guadagnarvi sopra, anche sulla pelle di quelle due sfortunatissime bambine.
fonte marcobrusati.com
Paradossalmente proprio in questi giorni a Modena è stato arrestato un pedofilo, in possesso di migliaia di immagini e filmati pedopornografici, grazie all’attività di don Fortunato Di Noto e del Meter. Il sacerdote da tempo è in prima linea per la pedopornografia in rete e da sempre denuncia che “Nessuno sembra interessarsi ai milioni e milioni di piccoli che quotidianamente affondano tra le mani violente di adulti pervertiti.”
Lo stesso Matteo Viviani de Le Iene ha scelto di sostenere apertamente l’azione del Meter con un breve spot video.
A don Fortunato fa eco don Maurizio Patriciello, il famoso parroco della terra dei fuochi, che sul suo profilo facebook scrive questa toccante riflessione, a proposito della condanna all’ergastolo di Raimondo Caputo per violenza carnale e assassinio della piccola Fortuna Loffredo, sua parrocchiana a Caivano.