Paura e verità come shock
È chiaro che l’attuale situazione italiana di fronte al Coronavirus è ormai del tutto fuori controllo. Sono tre le questioni principali che sembrano emergere attualmente:
“Iperattivita” del cittadino.
Le misure di contenimento sembrano al momento essere la soluzione più efficace. Il richiamo alla ripartenza, alla cultura, al commercio dopo soli 4 giorni sono segnali di una forza apparente del cittadino (giustamente sconvolto), una reazione di fuga/difesa nei confronti della paura. Nessuno vuole una nuova crisi economica, ma di certo non possiamo vedere risultati positivi in seguito all’ordinanza di chiusura delle scuole o dei locali pubblici dopo soli 4 giorni. Serve pazienza e buona informazione. O altrimenti scegliamo: o la “Borsa” o la “Vita”. I numeri dell’economia mondiale scendono, ma salgono quelli dei ricoverati negli ospedali del nord ormai al collasso. Uno studio del 2012 “Decision support for containing pandemic propagation”, basato su alcuni modelli matematici, a proposito di “strategie del contenimento” suggerisce la chiusura di tutte le strutture pubbliche per 8 mesi nel caso di diffusione di un agente patogeno.
Sovraccarico informativo.
L’informazione di certo non aiuta. Da una totale emergenza passiamo ad una situazione di pieno controllo della malattia, nemica solamente di qualche povero anziano già a letto da mesi.La comunicazione si conferma il primo potere nella società dell’informazione. Crea, distrugge, ricrea, modifica la realtà sociale. È vera, falsa, parzialmente vera, confusa, incomprensibile. Gioca con i numeri, diventa intrattenimento. Coronavirus è divenuta una serie tv, 1 stagione, puntate illimitate. Impossibile non seguirla o commentarla.
Il tramonto dell’autorevolezza della politica italiana.
C’è il sindaco che pensa alla propria comunità locale, l’opposizione che desidera un governo d’emergenza, il Presidente che chiede il massimo del potere politico. Chi chiude le frontiere al nord e al sud. Chi ruba l’Amuchina, chi indossa in diretta tv la mascherina. Chi confonde il razzismo con i protocolli tecnici d’emergenza. L’era del Coranavirus è iniziata, «peggio dell’11 settembre», dicono. Serve più responsabilità politica, un rallentamento della mobilità, più fiducia e chiarezza dagli operatori dell’informazione. La fretta non ha mai aiutato nessuno, nemmeno se si tratta dell’apertura immediata del Duomo di Milano. Nei casi d’emergenza, oggi più che mai, nessuno prende in giro nessuno. Più informazione (o l’accumulo di informazione) non è detto che producano verità. Quando non c’è direzione, ma improvvisazione e disordine, viene meno il senso. C’è chi chiede trasparenza, chi verità, ma queste due cose non sono identiche. Il troppo nasconde il tutto, potremmo dire. Le persone hanno paura del nuovo virus non perché questo non viene visto, ma perché sanno che esiste. Istituzioni e giornalisti dovrebbero ripartire da qui. Parlare e agire considerando che questa nuova malattia esiste, non considerando il fatto che non può essere vista. Più si cerca di nascondere i numeri o cambiare la narrazione e il significato delle cose più crescono il senso di shock e la paura.
Giacomo Buoncompagni, presidente Aiart Macerata, Ph.D student in Sociology (Human Sciences) University of Macerata Department of Political Science, Communication and International Relations