“Parleremo solo in chat”. Il mondo che verrà secondo Zuckerberg
Intervista al fondatore di Facebook. “Tutte le macchine che sviluppiamo servono alle persone e sarà ancora così. Altrimenti sarebbe un bel guaio…”. Di Mathias Döpfner dal sito de la Repubblica del 29 febbraio 2016
Mark Zuckerberg Il primo interesse di Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook e uno dei più importanti imprenditori al mondo, oggi, è la realtà virtuale.
Perché è così sicuro che non sia una montatura?
“Si dice spesso che è più facile prevedere cosa accadrà fra dieci o vent’anni che immaginare cosa avverrà fra tre anni. Ma c’è qualche tendenza ben chiara. Per esempio, l’intelligenza artificiale si svilupperà ulteriormente e in futuro saremo in grado di curare ancora più malattie. Lo sappiamo tutti. Ma la vera arte sta nel vedere come ci arriveremo. Alla fine scommettiamo sul fatto che la realtà virtuale diventerà una tecnologia importante. Sono abbastanza sicuro che vincerò questa scommessa. E adesso è il momento di investire. Proprio questa settimana abbiamo reso noto che dal lancio del Gear VR sono già state guardate un milione di ore di video 360° con il visore. La distribuzione da parte di Samsung è appena iniziata. Tutto questo è molto incoraggiante. Quello che davvero non so è quanto tempo occorrerà prima che questo ecosistema venga costruito. Potrebbero volerci cinque, dieci anni o anche venti. Ci sono voluti dieci anni prima di giungere a un mercato di massa dallo sviluppo del primo smartphone. Il Blackberry è stato introdotto nel 2003, e solo nel 2013 è stata raggiunta la cifra di un miliardo di dispositivi”.
Quali dimensioni assumerà il mercato della realtà virtuale?
Goldman Sachs ha pronosticato in uno studio un mercato da 80 miliardi di dollari. “Scommettiamo su due trend. Primo, sul fatto che le persone continuino a volere possibilità sempre più immediate di esprimersi. Se pensiamo a com’era Internet dieci anni fa, la gente condivideva e utilizzava perlopiù testi. Attualmente, moltissime foto. Io credo che il prossimo passo saranno i video, in quantità sempre maggiore. In questo modo, però, non si sarà ancora giunti alla fine. In futuro vorremo riprendere un intero scenario, un’intera stanza ed entrarvi dentro. Si vorrà trasmettere dal vivo, in streaming, quello che si sta facendo, si faranno interagire le persone in questo spazio”.
Riesce a immaginare che un giorno la modalità più frequente di conversazione sarà la chat virtuale? Che le persone parleranno così tra loro?
“Certo”.
Ha idea di quando ci arriveremo?
“Non posso dirlo di preciso. La sfida, credo, è far sì che sia meglio di una videoconferenza, in modo che valga la pena spenderci dei soldi. Ma una versione semplice potrebbe essere sviluppata in poco tempo. Perciò un trend va in direzione di una maggiore abbondanza. L’altro trend consiste nella creazione di piattaforme informatiche sempre più potenti. Abbiamo cominciato con server grandi come grattacieli, che potevano essere utilizzati solo con una specifica preparazione professionale. Poi è venuto il PC, che conteneva l’intero grattacielo, ma la gente non lo ha utilizzato davvero, anche se poteva fare una gran quantità di cose. Poi è arrivato il telefono-computer, che la gente ama, quasi tutti ne hanno uno. Ma è comunque un po’ macchinoso tirarlo fuori dalla borsa, e il suo schermo è piccolo e poco immersivo. Credo davvero che in futuro ogni dieci o quindici anni arriverà una nuova piattaforma informatica. La realtà virtuale è attualmente il candidato più promettente”.
Dalla prospettiva di Facebook, quale sarà il prossimo grande trend nella realtà virtuale?
“Vedo il nostro lavoro diviso in tre piani temporali. Primo: prodotti oggi esistenti e adeguati al fabbisogno. Sono Facebook e Newsfeed, Instagram, e fino a un certo punto WhatsApp. In secondo luogo, per i prossimi cinque anni c’è una serie di nuove sfide, tra le quali quella dei video è certamente la più grande. Credo che quello dei video sia un mega-trend, quasi come la telefonia mobile. In terzo luogo, infine, c’è il livello decennale di ciò che è di là da venire. Per questo investiamo in tre grandi ambiti. Uno è quello della connettività, dove si tratta di garantire che chiunque nel mondo abbia accesso a Internet. È un grande progetto, poiché oggi soltanto tre miliardi di persone su sette hanno accesso a Internet. Se si vive in un luogo senza buone scuole, Internet è la via migliore per accedere a una gran massa di materiali didattici. Ma è anche la via migliore per accedere all’assistenza sanitaria, se non c’è un buon medico. Il secondo ambito è l’intelligenza artificiale. Ci aspettiamo grandi progressi che cambieranno la società: meno incidenti grazie ad auto che si guidano da sé, migliori diagnosi sulle malattie, un trattamento migliore e più mirato delle malattie e, di conseguenza, più sicurezza nel sistema sanitario. E molto di più. Il terzo ambito è questa prossima piattaforma informatica per la Virtual Reality e l’Augmented Reality. Sono le cose a cui lavoreremo per un decennio o più”.
Come cambierà la società l’intelligenza artificiale?
“La mia esperienza mi insegna che la gente impara in due modi. Possiamo parlare di un apprendimento guidato e di un apprendimento non guidato. L’apprendimento guidato è quando, per esempio, si mostra al proprio bambino un libro illustrato e gli si mostra tutto: “Questo è un uccello, questo è un cane, questo è un altro cane”. Gli si mostrano le immagini e alla fine il bambino capisce che sta vedendo un cane, poiché gli abbiamo detto quindici volte che è un cane. Questo è l’apprendimento guidato. Si tratta, propriamente, del riconoscimento di un modello. Per ora, lo abbiamo sfruttato fino in fondo. L’altro, l’apprendimento non guidato, è il modo in cui in futuro imparerà la maggioranza delle persone. In questo caso, si ha in testa un modello di come il mondo funziona e lo si perfeziona, cercando di prevedere quello che avverrà in futuro. Ciò a sua volta ci aiuta a stabilire come dovranno essere le nostre azioni; anche di questo abbiamo una sorta di modello. Okay, io compio questa azione e mi attendo che nel mondo avvenga questo e quest’altro in base alla mia azione. L’intelligenza artificiale ci aiuterà in questo”.
Comprende le preoccupazioni espresse a questo riguardo dall’imprenditore Elon Musk?
Egli teme seriamente che un giorno l’intelligenza artificiale possa dominare e sopraffare il cervello umano, che la macchina finisca per prevalere sull’uomo. Considera questo timore giustificato o isterico? “Penso che sia isterico”.
Come possiamo garantire che i computer e i robot servano gli uomini, e non viceversa?
“Penso che in genere tutte le macchine che noi sviluppiamo servano alle persone, altrimenti avremmo davvero combinato un bel guaio. Credo che sarà ancora così…”.
Ma alla fine il campione di scacchi Garri Kasparov è stato sconfitto dal computer Deep Blue. Dunque potrebbero verificarsi sempre più delle situazioni nelle quali il computer è semplicemente più intelligente del cervello umano.
“Sì, ma in questo caso la macchina è stata sviluppata da uomini per riuscire a fare qualcosa di meglio di quello che riesce a fare l’essere umano. Nel corso della storia sono state sviluppate molte macchine per fare qualcosa meglio di un uomo. Credo che in quest’ambito la gente sopravvaluti ciò che l’intelligenza artificiale è in grado di compiere. Il solo fatto che si possa sviluppare una macchina che può fare una certa cosa meglio di un uomo non significa che essa abbia anche la capacità di apprendere in altri ambiti o di collegare differenti tipi di informazioni e di contesti in modo da riuscire a compiere qualcosa di sovrumano”.
E come sarà Facebook tra dieci anni? Riesce a immaginarlo?
“Se realizziamo grandi progressi nella connettività, nell’intelligenza artificiale, fra dieci anni la community sarà molto più grande e, soprattutto, comunicherà attraverso i video della Virtual Reality. Con il tempo, la possibilità di condividere intere scene di vita diventerà un prezioso sussidio”.
Un esempio: Priscilla e io parliamo di come vogliamo riprendere i primi passi di Max con una telecamera a 360°. Quando i miei genitori e i miei parenti lo vedranno, potranno sentirsi come se anche loro fossero lì. Spero, anzi credo che presto sarà possibile”.
© Welt am Sonntag/LENA, Leading European Newspaper Alliance
(Traduzione di Carlo Sandrelli)