Giornata mondiale della televisione
Il 21 novembre, è la Giornata mondiale della televisione, proclamata dall’assemblea generale delle Nazioni Unite per promuovere la diffusione di contenuti educativi tramite il mezzo di comunicazione di massa più diffuso al mondo.
Per festeggiare l’affidabilità della tv le tre organizzazioni europee Ebu (associazione delle tv pubbliche europee), Act (associazione delle televisioni commerciali europee) ed Egta (associazione europea delle concessionarie) hanno realizzato uno spot di 30 secondi che è stato trasmesso in tutto il mondo, anche dai canali Rai e Mediaset.
In occasione della Giornata Mondiale della Televisione, l’Aiart propone una breve ricognizione ravvicinata dell’attenzione che la sua rivista Il Telespettatore fin dalla sua nascita –1966– ha dedicato alla lettura critica della tv.
Marzo 1966: Il Presidente dell’Aiart, l’On. Beniamino De Maria inizia a diffondere tra i soci il primo numero de “Il Tele- spettatore”. Sono gli anni del boom della televisione e le pubblicazioni hanno inizio con la convinzione dell’assoluta importanza del messaggio televisivo e con la consapevolezza che se la popolazione non sarà adeguatamente preparata alla lettura del messaggio visivo, conseguirà da tale carenza un grave difetto di orientamento nei valori umani e nelle scelte positive o negative che la mancanza di controlli interni o internazionali consentiranno. “È la guerra dichiarata al telespettatore passivo, allo spettatore senza libertà, al pubblico in pantofole che preme un bottone per « vedere la televisione » e non per vedere con un valido motivo questo o quel programma”.
Il 1966 è anche l’anno cruciale per la riforma dell’ente radio-tele- visivo. Il nuovo carrozzone statale e il comitato dei garanti proposti dal Sen. Parri porterebbero ad una politicizzazione dell’azienda a tutto danno dell’obiettività e della circolazione delle idee.
Il primo numero del Telespettatore inizia con un’ampia discussione sulla riforma rai e si riassume in una realtà fondamentale per la garanzia della vita democratica del Paese. L’On. Beniamino De Maria presenta alla Camera una proposta di legge per la riforma della R.A.I. e nella relazione che accompagna la proposta De Maria si legge: “La nostra speranza è quella di avere un servizio radio-televisivo che sia sempre più espressione vera di libertà nella vita culturale e artistica del Paese, strumento di svago civile e dignitoso, al servizio degli interessi generali di tutti gli italiani, senza distinzione di parte, che venga incontro alle esigenze di pubblici diversi, non astratti o statistici, né politica- mente e settorialmente catalogati”. La proposta di legge rappresenta la sintesi finale dei lunghi studi effettuati in seno all’Associazione sulla delicata materia legislativa. Nel desiderio di ampliare sempre più il raggio d’indagine sulle effettive istanze dei telespettatori, vengono pubblicati referendum riguardanti le più disparate problematiche legate all’avvento della tv e i risultati dei referendum vengono sottoposti all’attenzione dei competenti organi della RAI.
Il giornale, inoltre, è strutturato in maniera tale da riportare attraverso una apposita sezione “Parlamento televisivo” approfondite inchieste sulle trasmissioni tv, interviste, indagini e interessanti relazioni condotte dai cosiddetti gruppi di ascolto su musica, pubblicità, varietà, informazione, cinema e programmi culturali. I gruppi d’ascolto sono produttori di un risultato culturale e sociale nell’ambito delle categorie in cui operano e consentono una lettura formativa per la personalità-di ciascuno, del messaggio televisivo. Molto attive sono le sezioni territoriali sia per i gruppi di studio che organizzano sia per l’intensa attività degli animatori di gruppi di ascolto: ovvero persone che stimolano il gruppo e partecipano alla scelta e allo svolgimento dei dibattiti come persone dotate di competenza specifica. L’animatore trasmette poi, a sua volta, ai membri del gruppo informazioni sull’evolversi del fenomeno radio- televisivo nella società.
In presenza di particolari trasmissioni relative a importanti tematiche sociali, attraverso il Telespettatore, l’Aiart sollecita i suoi soci a un’attenta partecipazione con conseguenti precisazioni critiche. Vengono a tal proposito distribuiti questionari in tutte le regioni d’Italia: si ricordano a tal proposito le trasmissioni relative alla introduzione del divorzio in Italia. In quella occasione oltre duecento sono state le risposte su mille questionari distribuiti in tutte le regioni d’Italia. È stato unanime il rilievo sul perché la R.A.I. abbia avuto timore di portare sul video un argomento che toccava da vicino, nel profondo, tutte le famiglie italiane. L’intento del Telespettatore è, quindi, fin dall’inizio, quello di diffondere una cultura dei media, affermando il primato della persona umana.
Il Telespettatore vuole soprattutto mantenere viva la speranza che l’utente abbia, nel sistema dell’informazione e dello spettacolo, il posto centrale che gli compete e che quindi la sua voce, le sue esigenze siano rispettate.
Radio, Cinema e Tv sotto i riflettori delle prime pubblicazioni del Telespettatore
Tra il 1966 e il 1970: scrittori della letteratura italiana e registi del nostro cinema iniziano a essere catturati dalla televisione:
Manzoni in 23 pollici: “Una meditazione sui grandi problemi dell’uomo”. “I promessi sposi” sono apparsi finalmente sui teleschermi italiani, per la regia di Sandro Bolchi. Renzo è interpretato da Nino Castelnuovo; Lucia da Paola Pitagora. Il mirabile capolavoro viene offerto ai venticinque milioni di telespettatori e il giornale dell’Aiart riporta le prime dichiarazioni dell’associazione: “Siamo lieti di poter dire, dopo avere assistito ad una proiezione riservata della seconda e della terza puntata, che nulla di meglio avremmo potuto desiderare”.
Quattordici serate con Alberto Sordi. Anche il tanto corteggiato “Albertone nazionale” cede alle lusinghe della TV;
Pirandello sul video: 246 novelle proiettate per un anno;
Gli Atti degli apostoli in quattro puntate per la regia di Roberto Rossellini: definito uno dei maggiori impegni culturali della tv;
L’Eneide raccontata e spiegata in tv; La vita di Leonardo da Vinci in 4 puntate; Socrate 1970 in tv, per la regia di Roberto Rossellini. Sulla riduzione per il video dei capolavori sopra menzionati, nel giornale dell’Aiart vengono pubblicate inchieste periodiche fra i telespettatori di ogni parte d’Italia. La realizzazione di una tv che mette in primo piano la cultura e batte lo spettacolo dimostra a quali livelli si può arrivare con il mezzo televisivo quando i responsabili si impegnano sino in fondo, non hanno fretta, e sono disposti ad affrontare gli oneri necessari.
Altri programmi particolarmente presenti in tv e analizzati nelle prime pubblicazioni del Telespettatore sono: il Paese dei Pirimpilli e il paese di Giocagiò dedicati ai minori di sei anni.
Per quanto riguarda, invece, il settore spettacolo il primo evento radiotelevisivo studiato dall’Aiart è “La canzonissima”: discusso nell’ambito di una Commissione d’ascolto con Corrado.
Negli anno ‘70 si inizia a parlare anche dell’istituzione di un’università televisiva che non va considerata come un’iniziativa unilaterale della RAI in un campo di competenze del Ministero della Pubblica istruzione; ma di una vera e propria università di Stato, alla quale l’emittente radiotelevisivo affianca una equipe di esperti che mettono a disposizione del corpo accademico le indispensabili conoscenze sulla comunicazione attraverso la tv e le attrezzature tecniche.
In definitiva, già nei primi anni non si può parlare del pubblico televisivo come di una massa, poiché esso ormai coincide con la società stessa. L’operazione culturale di fondo compiuta dal video del nostro Paese è stata principalmente quella di allargare gli interessi del pubblico, di aprirgli gli occhi sul mondo, di stimolarne l’interesse e approfondire i motivi che accompagnano la storia di altre comunità nazionali e della stessa comunità internazionale, di metterlo a contatto immediato con i più grandi problemi (non solo materiali, ma anche ideologici) nei quali si dibatte oggi l’umanità. E questa è la linea ferma che ha sempre caratterizzato l’Aiart e II Telespettatore ne è stato lo specchio.
TV e Famiglia: L’Aiart è stata la prima a chiedere alla tv programmi di ampio contenuto per le famiglie e ciò per una duplice ragione: per raccogliere intorno al video l’intera famiglia senza preclusioni tra adulti, giovani, ragazzi; per dare altresì alle famiglie un programma ricreativo-culturale ricco di valori umani che sono non soltanto sociali ma anche spirituali, che debbono essere positivi e non negativi per la crescita.
TV e Scuola: due cardini del rapporto sociale e umano con la famiglia, a cui dedicare ogni cura e ogni impegno. Un problema di grande attualità che l’Aiart ha il merito di aver affrontato per prima e di avere avviato le prime esperienze pilota con il corso di animatori e con i gruppi di ascolto per la lettura del messaggio televisivo in scuole pubbliche e private. È questa mediazione che può portare alla piena comprensione dei valori, alla partecipazione critica e rielaborativa; scalzando uno stato di passività diffuso di fronte al video.
Il pericolo di aver a portata di mano (e di tempo) un così potente mezzo di suggestione come è “il cinema attraverso il video” è stato individuato fin dall’inizio, nella possibilità che quel processo educativo sia ostacolato da una specie di permanente infantilizzazione attraverso l’immagine, che sottrae il ragazzo sia dagli effettivi interessi per il reale, che dovrebbe suscitare in lui la scuola, sia dalle forme (ricreative, inventive, sportive, associative, ecc.) della sua attività ludica, che sono un complemento della sua formazione.
Questo speciale non rappresenta, ovviamente, la storia del Telespettatore, ma è una ricognizione ravvicinata dell’attenzione che il giornale ha dedicato nei suoi primi anni alla lettura critica dei media e ha l’intento di dare una risposta al seguente interrogativo: È un luogo comune che la qualità televisiva si stia deteriorando e che l’utente televisivo non sia assolutamente tutelato?
Chiudiamo questo speciale con la frase di Lucio Capograssi, direttore generale della SIAE degli anni ‘80 che se letta in chiave moderna e associata all’oggi, alla Rete e ai social media, resta di grande attualità e fa riflettere. Eccola:
“Se è vero che la televisione è la società che comunica; i pericoli di disumanizzazione non sono soltanto fuori di noi, ma anche in noi stessi, nel nostro spirito di rassegnazione e di pigrizia e non riusciremo a reagire in tempo utile, salvaguardando i valori fondamentali e naturali dell’uomo, in modo particolare sui soggetti la cui personalità si va maturando. “Il bambino è in cerca di evasioni, non per sfuggire come noi, ma per superiore superamento: il suo è un divertimento attivo. I termini divertimento e formazione dovrebbero integrarsi nel gioco televisivo”.