La Rai che vorrei. Come ripensare il servizio pubblico televisivo, dalla parte delle audience?
Il nomadismo delle audience e la correlata disponibilitร ad accedere a contenuti sempre nuovi e coinvolgenti, dovrebbe agire da stimolo per la sperimentazione di formati e linguaggi, attingendo anche dalle culture partecipative del web. Di Romana Andรฒ, Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi, dal sito Key4biz del 16 marzo 2016
Impostare una riflessione sul ruolo del servizio pubblico nel mutato scenario dellโecosistema televisivo, oggi non puรฒ prescindere da una riflessione sistematica sulle audience. Mettersi dalla parte delle audience significa, cioรจ, prendere atto delle trasformazioni che riguardano le pratiche di consumo televisivo, oggi moltiplicate in un caleidoscopio di esperienze che descrivono una nuova centralitร della TV, proprio nella fase in cui questa sperimenta la sua fine in termini di unicitร del medium come apparato tecnologico.
Dal punto di vista delle pratiche, infatti, osserviamo anche in Italia una sempre piรน vistosa diversificazione dei device di accesso al contenuto (TV set, handheld devices), dei settings (indoor e outdoor) e dei rituali di consumo (fruizione individuale, collettiva, socially shared online) con cui costruire esperienze estremamente diversificate sebbene spesso fortemente complementari (Andรฒ, Marinelli, 2014 Multiscreening and Social TV โ The Changing Landscape of TV Consumption in Italy).
Al centro di queste esperienze oggi sempre di piรน cโรจ il contenuto, piรน che il medium, rispetto al quale le audience definiscono strategie di visione differenziate sulla base dei formati di consumo (programmi singoli, frammenti o sneak peek, sessioni di binge watching etc.) e sulla essenza transmediale del contenuto (app, gamification, shopping etc.).
Ne emerge uno scenario in cui progressivamente le audience tendono ad appropriarsi di una esperienza televisiva espansa oltre i confini del mezzo e del programma, a sperimentare nuove opportunitร di consumo, a costruire flussi televisivi personalizzati secondo le proprie esigenze, ritmi di vita, motivazioni e interessi, sfuggendo alla volontร di controllo dellโofferta del modello TV tradizionale.
ร evidente che a questa crescente maturitร e autonomia delle audience fa da contraltare un regime di competitivitร particolarmente sfidante, cui gli operatori โ sia TV-nativi che non โ stanno rispondendo con unโofferta sempre piรน mirata a guadagnare lโengagement delle audience, in un clima al contempo di incertezza ma anche di grande effervescenza.
Nellโattuale ecosistema televisivo i comportamenti delle audience appaiono decisamente meno prevedibili che in passato, e la ricerca di mercato si scontra con i limiti di metriche di rilevazione che sono sempre meno in grado di fotografare la complessitร mutevole del mondo sociale delle audience effettive (Ang ed. it. 1998).
Ciรฒ che รจ sempre piรน evidente, cioรจ, รจ che al centro del consumo mediale ci sono le persone, con le loro caratteristiche sociali e culturali, che proprio sulla base della propria appartenenza identitaria (chi sono io) e relazionale (qual รจ la mia cerchia familiare, amicale, professionale, locale, nazionale) scelgono di interagire con determinati contenuti mediali.
Spostare lโattenzione sulla natura โculturaleโ dellโessere audience, significa quindi valorizzare lโidea che prima ancora che essere audience di un determinato programma, canale, network, le persone sono parte di gruppi sociali, che vivono la propria esistenza in un contesto sempre piรน caratterizzato dai media, in cui usano i media per informarsi, intrattenersi, entrare in relazioni con gli altri e, soprattutto, per dare senso a tutto ciรฒ che le circonda, come ricorda Silverstone nel bel saggio โPerchรฉ studiare i mediaโ (ed. it. 2002).
Rispetto a questa idea di audience fatta di persone, prima ancora che di consumatori, il servizio pubblico dovrebbe partire avvantaggiato, in quanto presuppone come destinatario un citizen-viewer, che รจ molto piรน vicino allโidea condivisa dagli studiosi di media contemporanei di audience attiva, partecipativa, engaged e fatta di persone, rispetto a quella definita statisticamente dalle ricerche di mercato.
La mission del servizio pubblico, in definitiva, รจ quella di fornire alla collettivitร , gli strumenti simbolici, politici, culturali per la sua identitร e gestualitร quotidiana (public responsability). Ciรฒ che รจ pubblico, cioรจ di interesse collettivo, oggi lo รจ in quanto passa attraverso la mediazione dei media e in questo scenario quelle che erano solamente audience vanno definitivamente inquadrate come le protagoniste di nuove forme di civic engagement (Livingstone, Markham 2008 The contribution of media consumption to civic participation). Il limite del servizio pubblico, tuttavia, รจ stato finora quello di continuare a interpretare il valore culturale e politico della televisione โ e di conseguenza la sua mission โ in modalitร top-down e con un approccio fortemente paternalistico.
Se, quindi, dal punto di vista dello sguardo sulle audience il servizio pubblico puรฒ partire con una marcia in piรน perchรฉ dovrebbe essere abituato a intercettare e a dialogare con la dimensione sociale e culturale (in senso lato) delle audience, la sfida che lo attende รจ certamente molto complessa. In primo luogo deve continuare a giustificare la sua presenza allโinterno di un mercato in cui circolano contenuti che sono, oltre che appetibili, socialmente rilevanti indipendentemente dalla mission dei produttori e distributori. Tutti i contenuti, cioรจ, hanno una rilevanza โpoliticaโ e โculturaleโ non solo lโapprofondimento o il dibattito di un certo livello, finora destinato alle nicchie piรน attive della popolazione.
Dove, dunque, il servizio pubblico puรฒ esercitare una funzione centrale per le audience contemporanee e intercettarne i bisogni e le esigenze sociali e culturali senza perdere la propria capacitร di appeal?
Dal mio punto di vista almeno tre sono le strategie suggerite dalla ricerca e dalla riflessione sulle audience:
โข Il mantenimento della centralitร del liveness in un modello televisivo anytime e anywhere;
โข Lโinvestimento nella creativitร e sperimentazione di linguaggi e formati per rispondere a audience sempre piรน competenti e partecipative, che si muovono allโinterno di diversi gruppi sociali con esigenze diversificate;
โข Lโopportunitร di valorizzare la funzione informativa e di approfondimento del servizio pubblico attraverso lโuso strategico degli spazi della social TV per costruire audience engaged e partecipative.
La dimensione di liveness si riferisce allโidea che attraverso la televisione i soggetti possono accedere alla realtร in cui vivono, cui la TV stessa fornisce un accesso privilegiato dandone copertura e raccontandola: รจ alla base, cioรจ, dellโidea di TV come โfinestra sul mondoโ. ร, quindi, la dimensione del liveness a definire chi accede (una particolare organizzazione sociale), e perchรฉ si accede (ovvero la rilevanza dei contenuti per la societร cui sono rivolti) alle rappresentazioni della realtร .
Quando parlo di liveness come chiave di valorizzazione della relazione tra audience e servizio pubblico, non intendo, dunque, riferirmi solo alla programmazione live, cioรจ alla scelta tecnologica di produzione e distribuzione dei contenuti in diretta, in tempo reale; con liveness intendo, invece, richiamare lโinsieme delle dimensioni simboliche che lโessere live nella televisione broadcast presupponeva sul piano culturale e sociale del consumo (Couldry, 2004). Cioรจ il coinvolgere davanti alla TV una platea allargata fino ai confini della comunitร nazionale. ร, infatti, al liveness che รจ demandata la funzione di mantenere un senso di โnazionaleโ, un senso di collettivitร , almeno immaginata, come nel caso dei grandi eventi mediali che agiscono da occasione di identificazione e appartenenza sociale (si pensi al Festival di Sanremo, ma anche ad un certo tipo di produzione seriale come le fiction dedicate alle figure storico-religiose del Paese).
Oggi, in uno scenario in cui la moltiplicazione dellโofferta introduce costantemente nuovi contenuti non necessariamente caratterizzati in senso locale, diventa decisivo mantenere uno spazio dedicato al rafforzamento dellโidentitร nazionale. E questo spazio puรฒ essere garantito dalla costruzione di contenuti televisivi โeventoโ riconosciuti come tali dalle audience e da queste valorizzati, condivisi, discussi attraverso le pratiche della social TV e le dinamiche di interazione offline. Come oggi giร avviene intorno a prodotti per i quali il livello di identificazione e engagement รจ elevato, la dimensione di liveness รจ vissuta senza soluzione di continuitร tra lo schermo televisivo e i dispositivi mobili che espandono lโesperienza di consumo (Liveness, โrealityโ, and the mediated habitus from television to the mobile phone).
Come evidenziato dalle ricerche, in un mercato maturo , sia in termini di offerta che di domanda, possono convivere pratiche di consumo televisivo che sono solo apparentemente distanti e inconciliabili (cfr. Nielsen Report, The Total Audience Report โ Q4 2014): lo stesso consumatore, cioรจ, puรฒ passare da sessioni di binge watching in solitaria ad una visione per appuntamento magari condivisa a livello familiare; dallโon demand ai grandi eventi a forte caratterizzazione collettiva, il cui valore di liveness, cioรจ di definizione di immaginari condivisi con temporanei, รจ centrale. Anche quando non sono fruiti live, ma in differita.
Rispetto alla questione della sperimentazione, il clima di competizione che osserviamo nel mercato impone una sfida incessante nella definizione di nuovi contenuti che dovrebbe essere accolta e valorizzata dal servizio pubblico, proprio in virtรน della sua mission e per la sua auspicabile indipendenza da logiche puramente economiche.
In uno scenario caratterizzato dalla moltiplicazione dellโofferta e dalla costante ricerca del nuovo, lโesigenza di rispondere ad obiettivi di pluralismo e rappresentativitร non necessita piรน di essere confinata in prodotti dal sapore tradizionale e un poโ vetusto, storicamente destinati a nicchie di ascolto. Il nomadismo delle audience e la correlata disponibilitร ad accedere a contenuti sempre nuovi e coinvolgenti, dovrebbe, infatti, agire da stimolo per la sperimentazione di formati e linguaggi, attingendo anche dalle culture partecipative del web. In un caso, in particolare, questo diventa un obiettivo urgente.
Lโinvestimento creativo nella produzione di contenuti potrebbe, infatti, attrarre anche i target piรน giovani che pur non avendo del tutto abbandonato la televisione, coltivano una diversa idea di esperienza di consumo (Andรฒ 2014, What does TV actually mean? New consumer experience and generations), sempre piรน svincolata dagli schermi e sempre piรน ancorata a logiche transmediali. In questo senso lโascolto delle culture del web, lโindividuazione delle nuove tendenze nella definizione delle forme culturali, potrebbe significare per il servizio pubblico la costruzione di factories in cui sviluppare contenuti originali adeguati alla nuova complessitร della TV (Mittel 2013, The Poetics of Contemporary Television Storytelling) e favorire la definizione e la crescita di nuove professionalitร dellโaudiovisivo e del digitale.
La terza questione sul tavolo รจ quella della promozione di una cultura partecipativa attraverso la valorizzazione della social TV in chiave informativa. In questo caso, lโelemento decisivo di trasformazione dellโecosistema televisivo da considerare รจ quello delle pratiche di social TV gestite attraverso il multiscreening. La social TV per senso comune รจ soprattutto riferibile alle attivitร che le audience costruiscono allโinterno dei social media per commentare, condividere, suggerire un determinato contenuto TV. Questo fenomeno รจ stato immediatamente accompagnato da entusiasmo diffuso, da una parte perchรฉ le interazioni sulle piattaforme on line rappresentano unโopportunitร di feedback immediato sul prodotto (in alcuni casi facilmente quantificabile); dallโaltra perchรฉ in qualche modo le pratiche discorsive on line possono essere raccontate retoricamente come espressione della partecipazione delle audience.
In realtร social TV non significa solo questo: piรน in generale la social TV ha a che fare con lโidea che i contenuti TV generino relazioni sia tra audience, sia tra audience e testo. E lโaspetto qui piรน importante รจ forse proprio quello della relazione con il testo, che si traduce nella costante produzione e/o ricerca da parte delle audience di touch point con il contenuto che consentono di espandere lโesperienza di consumo oltre i titoli di coda di un singolo programma.
I dati di ricerca sia nazionali (RETHINKING THE TV EXPERIENCE โ Lโesperienza della social tv in Italia) che internazionali (The Role of Digital in TV Research, Fanship and Viewing) mostrano come gran parte delle attivitร svolte dalle audience sul second screen, prima, durante e dopo la visione, siano orientate alla ricerca di informazioni sulla base di stimoli che emergono dal contenuto televisivo. Che sia la verifica della validitร delle informazioni ricevute (funzione di fact checking) , o lโesplorazione on line di siti e luoghi citati nei programmi, o la ricostruzione delle biografie delle celebrities, le audience televisive mostrano di mettere insieme con grande naturalezza due aspetti del consumo mediale, ormai acquisiti come competenza di base: la centralitร โ intesa qui anche come rilevanza โ dei contenuti della TV e la predisposizione al searching, che i motori di ricerca hanno allenato e stimolato finora.
Lโattivitร di detection (certamente fandom-like) nei confronti dei testi televisivi รจ stata finora esercitata dalle audience allโinterno del web, basandosi sulla logica wiki e consentendo alle audience stesse di costruire i propri processi di apprendimento in modo autonomo. I network TV, da questo punto di vista, e il servizio pubblico ancora di piรน, potrebbero valorizzare queste pratiche della social TV accompagnando con interventi strategici lโesigenza di conoscenza delle audience e fornendo strumenti di approfondimento che promuovano lโibridazione tra TV e web e la partecipazione delle audience piรน engaged.
Le proposte di riflessioni fin qui presentate rappresentano solo una piccola parte di un dibattito certamente piรน ampio, che coinvolge le dimensioni tecnologiche, economiche, politiche del servizio pubblico. Servono, perรฒ, a ribadire lโimportanza strategica di mettere al centro di questo dibattito le audience, non come obiettivi di ascolto e legittimazione, ma come punto di partenza e osservatorio privilegiato, per comprendere le nuove esperienze di consumo televisivo.
riferimenti bibliografici
Silverstone, R. (1999), Why Study the Media?, London: Sage
Ang, J. (1991), Desperately Seeking the Audience, London: Routdlege.
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