La famiglia mediale

Massimiliano Padula, docente di Comunicazione e Sociologia presso la Pontificia Universitร  Lateranense e la Pontificia Facoltร  di Scienze dellโ€™educazione Auxilium, si propone, attraverso questo saggio, di analizzare il profondo legame che esiste tra media e famiglia. Questo rapporto viene proposto attraverso una duplice chiave di lettura: i media in famiglia e la famiglia nei media. Dal n.37 di gennaio 2016 della rivista trimestrale dellโ€™Aiart La Parabola.

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La famiglia mediale

di Massimiliano Padula

Premessa
Unโ€™esplorazione del legame tra media e famiglia non puรฒ prescindere da una duplice prospettiva. Da un lato รจ necessario analizzare questo rapporto in relazione allโ€™espressione โ€œi media in famigliaโ€, decodificarne cioรจ la profonda connessione tra quella che Talcott Parsons definiva ยซunโ€™istituzione specializzata nelle funzioni di socializzazione e sostegno affettivoยป (Parsons-Bales, 1984) e quelli che possiamo definire veri e propri paradigmi epistemologici della contemporaneitร , lenti attraverso le quali guardiamo e percepiamo le cose dellโ€™esistente.

Una seconda prospettiva ruota intorno allโ€™espressione โ€œla famiglia nei mediaโ€ che manifesta la volontร  di connotare la fisionomia della cellula sociale piรน importante alla luce dellโ€™evidente (e innervante) sviluppo tecno-mediale degli ultimi decenni. Una riflessione di questo tipo perรฒ rischia di rimanere su un filo precariamente teoretico se non รจ accompagnata e sostenuta dalla narrazione di alcune esperienze che manifestano la contemporaneitร  sempre piรน digitale di questo di legame sempre piรน profondo. Questo sguardo incrocerร , quindi, i media tout court, a partire da quelli tradizionali per arrivare inevitabilmente a riflettere su quelli digitali.

I media in famiglia

ยซLโ€™investimento sociale sui media รจ enorme. Non solo rappresentano una percentuale molto importante del sistema economico mondiale, ma costituiscono anche una parte notevole del nostro ambiente quotidiano. Sono oggetti (fisici e culturali) che connotano profondamente la nostra epoca.

Eppure, nonostante questa loro centralitร  (o forse proprio per questo), i media soffrono di una evidente mancanza: non si sa bene che cosa sianoยป (Ceretti-Padula, 2016).

Sono certamente apparati tecnici che le famiglie adoperano facilitando frammenti della propria vita. Ma sono anche ambienti in cui le famiglie esistono, spazi evidenti di esistenza, aria da respirare, crogiolo di relazioni ed emozioni, soddisfattori di bisogni. Possono essere rassicuranti ma anche anticamere di criticitร . Possono essere usati, manipolati, distorti, ma anche esaltati, positivizzati, naturalizzati. Questo random definitorio evidenzia come i media siano tante cose; รจ proprio questa molteplicitร  a creare un deficit interpretativo che ha portato alla teorizzazione di una dicotomia concettuale tanto approfondita quanto limitata nella comprensione. I media sono certamente strumenti da usare (con cautela per alcuni, con entusiasmo per altri), artefatti che plasmano e influenzano la struttura mentale e la cultura delle persone (McLuhan, 1994), psico-tecnologie che estendono la nostra mente e la nostra memoria (De Kerckhove, 1993); ma essi si configurano anche come luoghi che annullano distanze fisiche, territori di senso, spazi di esperienza, nuovi contesti esistenziali (Spadaro, 2012). In particolare, questโ€™ultima istanza teorica prende forma negli ultimi dieci anni con lโ€™esplosione della cultura digitale che sembra essere la perfetta concretizzazione di questa idea โ€œambientaleโ€ dei media, in cui vita offline e vita online sembrerebbero un unico segmento, un esclusivo e indifferenziato continuum dellโ€™esistenza. Questa dualitร  che contrappone il medium-instrumentum al medium-locus ha perรฒ unโ€™unica origine e natura: lโ€™umanitร .

Medium-humanitas
Ricordarsi della radice umanistica dei media significa anzitutto abbattere la convinzione dicotomica di cui si รจ detto. Significa, cioรจ, oltrepassare lโ€™idea che i media siano un soggetto autonomo, un ente a se stante, dotato di intenzionalitร  propria e di capacitร  dโ€™azione efficace, causa libera di effetti sulla realtร : รจ questo il concetto che – in modo piรน o meno cosciente – sottostร  alla gran parte dei discorsi sociali intorno ai media e al loro ruolo nella cultura contemporanea. Nello stesso tempo รจ necessario puntualizzare che ยซil desiderio di rileggere โ€œsub specie humanitatisโ€ la realtร  circostante non รจ affatto nuovo. Lโ€™Umanesimo e il Rinascimento ne sono un esempio classico; lโ€™intera parabola della civiltร  รจ caratterizzata dalla tensione a rintracciare proprio nellโ€™uomo (nella sua capacitร  di scelta, nella sua originale creativitร , nella sua intelligenza problematica) il fulcro, il vero motore della storia. Non stupirร  quindi che anche oggi, di fronte al potere economico e culturale di chi controlla il sistema mediale e di fronte alla tentazione di sopravvalutare e quasi divinizzare il ruolo socio-culturale della tecnologia, รจ possibile ritrovare le ragioni (e le parole) per interpretare le nostre coordinate epocali nei termini di una โ€œnuovaโ€ umanitร  che possiamo definire medialeยป (Ceretti-Padula, 2016).

Di fronte a questa ricorrente dinamica, รจ quindi importante che ogni tanto si tenti di riportare lโ€™accumulo tecnologico, per cosรฌ dire, alla sua origine radicale, ossia la libera creativitร  umana. I media siamo noi. Basta rivolgere lo sguardo alla famiglia che non solo รจ umanitร  ma รจ soprattutto generatrice di altra umanitร . Leggere il legame tra media e famiglia in questa dimensione รจ, quindi, il primo passaggio perchรฉ quel legame sia sano, adeguato, rifletta cioรจ le intenzioni (buone si spera) di coloro che lo desiderano. รˆ evidente che la famiglia contemporanea sia media oriented ma un uso eccessivo, ad esempio, di televisione o di smartphone altro non รจ che una cattiva abitudine (umana). รˆ necessaria, pertanto, una rilettura radicale del rapporto tra comunicazione mediale ed educazione, al fine di identificare un modello capace di risolvere il dualismo implicito in tutte le teorie finora prodotte (la โ€œseparazioneโ€ tra media e umano). Se รจ vero che โ€œi media siamo noiโ€, allora sarร  importante capire quale sia il modo migliore per educare i media. รˆ proprio in questa ultima espressione che si trova la chiave di unโ€™azione efficace di media education capace di leggere anche gli anfratti piรน nascosti di una contemporaneitร  digitale. Educare lo strumento significa quindi giungere ad un ripensamento radicale delle istanze pedagogiche che riguardano i media superandone i tradizionali passaggi.

Lโ€™individuo non รจ piรน educato dai media nรฉ tantomeno educa con i media. Anche lโ€™educazione ai media risulta anacronistica in una realtร  sociale fatta di nativi (o pseudo tali) digitali che apprendono con naturalezza e facilitร  il circostante mediale. A questi tre approcci, che rientrano nella visione strumentale, se ne aggiunge un quarto ovvero lโ€™educazione nei media intesi come ambienti nei quali รจ possibile innestare meccanismi educativi. Secondo Filippo Ceretti questi quattro assiomi indicano ancora una volta una dicotomia, una separazione. Da una parte lโ€™uomo, dallโ€™altra uno strumento da utilizzare o ambiente tecnologico dove esplicitare scelte e azioni. Egli individua nellโ€™idea di educare i media lโ€™ultimo step del percorso media-educativo che, a suo parere, costituisce una vera e propria ยซsvolta paradigmatica, poichรฉ lโ€™attuale conformazione mediatica (caratterizzata dai personal-social media) sollecita una rilettura radicale del rapporto tra comunicazione mediale ed educazione, al fine di identificare un modello capace di risolvere il dualismo implicito in tutte le teorie finora prodotte (la โ€œseparazioneโ€ tra media e umano). Educare i media ยซsignifica โ€“ aggiunge โ€“ che lโ€™intenzionalitร  dellโ€™uomo (singolo) e dellโ€™umanitร  (collettiva) puรฒ tornare ad esercitarsi con libertร  ed entusiasmo in un settore strategico della propria esistenza, quello della Bildung mediale, della formazione integrale dellโ€™essere uomo/donna, in armonica relazione con la realtร  circostante altamente tecnologica: anche se questa realtร  viene percepita come un elemento โ€œnaturaleโ€ e โ€œnecessarioโ€, in effetti essa รจ un costrutto umano (una sua proiezione), quindi dipendente dallโ€™uomo, e non viceversa. Di fatto โ€œi media siamo noiโ€: per questo i soggetti oggi appartengono ad unโ€™umanitร  mediale. Ecco dove si esercita lโ€™attenzione dellโ€™educazione: non tanto con/ai/nei ecc. media, quanto direttamente verso lโ€™uomo mediale, lโ€™uomo in quanto medium. Educare I media, educarCI come media: ecco la sfida educativa oggi dove si annida, ecco il senso di una pedagogia dei media (che siamo noi!)ยป (Ceretti-Padula, 2016). Questa sfida non puรฒ non traslarsi anche nellโ€™universo familiare. Ogni famiglia convive con i piรน disparati apparati mediali; questa coesistenza puรฒ strutturarsi attraverso diverse modalitร . Per questo motivo รจ necessario raccontare alcune delle esperienze piรน significative di questa convivenza al fine di conoscerne i segreti e concretizzare linee di azioni adeguate.

La famiglia nei media
Non รจ possibile elaborare una mappatura completa di come la famiglia si relazioni con i media. Il rischio รจ semplificare uno scenario alquanto complesso che merita estrema attenzione. Anzitutto la lente di ingrandimento deve posizionarsi sulla rappresentazione mediale della famiglia spesso deformata in nome di rivendicazioni ideologiche che trovano nei media terreno fertile per autopromuoversi. Sarebbero tanti gli esempi da portare allโ€™attenzione. Tra i tanti, vi รจ la questione gender, al centro del dibattito in Italia negli ultimi anni. รˆ questo certamente un tema giornalisticamente โ€œcaldoโ€, protagonista sia sui media tradizionali (la televisione) sia su quelli digitali. Sui social network, in particolare capita sempre piรน spesso di assistere ad un fenomeno che chiameremo โ€œplusumanizzazioneโ€. Nello spazio online lโ€™individuo tende a plusumanizzarsi, ossia a radicalizzare la propria umanitร  trascurando i filtri tipici di una socialitร  tradizionale, evitando confronti e angolazioni di senso โ€œaltreโ€, consolidando a forza di contenuti a supporto (like, link, retweet) le proprie posizioni, limitando cosรฌ feconde opportunitร  del legame umano come la conciliazione, lโ€™accordo, il compromesso. Questa radicalizzazione dellโ€™esistenza fa sรฌ che lโ€™individuo spinga sempre piรน verso il ยซproprio mondo di riferimento, modellando la propria โ€œsocialsferaโ€ alla propria visione culturale. Lโ€™ambiente in cui ci si troverร  gradualmente a navigare, come un guanto, aderirร  in modo sempre piรน armonico con la propria veritร , sempre piรน confermataยป. (Contu-Marcacci, 2015).

Questa radicalizzazione delle posizioni si evidenzia quando al centro della discussione ci sono temi complessi, argomenti di rottura che investono lโ€™uomo e la sua sensibilitร , le sue convinzioni, la sua identitร . Tra questi il gender. Capita sovente di trovare fazioni contrapposte che tendenzialmente seguono una logica di questo tipo. In primo luogo si assiste ad unโ€™enorme disponibilitร  di contenuti (caratteristica archetipica del web) che diventano tesi da discutere, bandiere da innalzare, scudi per difendersi. Questo crea confusione e non aiuta alla comprensione anzi contrae definitivamente lo spazio di una eventuale conciliazione. Seguono reazioni emotive (sdegno, rabbia, tristezza, trasporto eccessivo) che in molti casi determinano derive comportamentali (significativo รจ il caso degli haters, coloro che odiano in rete). La conclusione di questo percorso รจ la radicalizzazione della proposizione che impedisce qualsivoglia confronto e apertura e porta ad una tendenza allo scontro (militanza digitale). Quante volte รจ capitato di leggere una discussione riguardo temi affini alla famiglia iniziata con una riflessione e poi finita con botta e risposta feroci. In questo caso lo spazio online non รจ riflesso di vita reale (nella quale, ci si augura, il confronto e la conciliazione possono concretizzarsi piรน facilmente) ma evidenzia un atteggiamento plusumanizzato, ossia manifesta unโ€™umanitร  eccedente, priva di filtri, estrema, per nulla accomodante.

Altra narrazione imprescindibile della famiglia nei media รจ quella che avviene sui mezzi di comunicazione tradizionali. Nonostante lโ€™avanzata inarrestabile dei media digitali, la televisione resta (almeno in Italia), il medium piรน diffuso. Tracce di ideologia gender sono presenti in tutti i canali, indipendentemente dal loro editore o dalla loro forma giuridica. Possiamo distinguere tali in contenuti in tre macrocategorie:
1. Lโ€™ostentazione
2. Lโ€™incursione
3. Il racconto

Nel primo caso di tratta di contenuti che in modo manifesto raccontano la questione mettendo al centro, ad esempio, casi di transgenderismo come il reality Vite divergenti (Real Time), la docu-fiction come Tutto su mio padre (Real Time) e la serie come Trasparent (Sky).

Nel secondo caso il racconto รจ allโ€™interno di una narrazione piรน ampia. Il contenuto non verte direttamente su questioni legate al gender o allโ€™omosessualitร  (nella maggior parte dei casi i protagonisti sono famiglie tradizionali) ma vi entra in modo (apparentemente) casuale. รˆ il caso della soap Un posto al sole o della serie รˆ arrivata la felicitร  (entrambe trasmesse dalla Rai) nellโ€™ambito delle quali, ad un certo punto, fanno incursione storie di coppie omossessuali. Non ci sarebbe nulla di male se queste vicende non venissero rappresentate in modo propagandistico proponendo, ad esempio, figure di genitori in disaccordo raffigurati come retrogradi e con pregiudizi.

Lโ€™ultima categoria รจ piรน presente nella narrazione giornalistica. Si tratta di reportage o interviste in studio a persone omosessuali. Si indugia sulle loro vicende personali sbilanciando i toni sulle difficoltร  della vita precedente con continui riferimenti alla sofferenza. Lโ€™obiettivo รจ lโ€™accettazione tout court della propria scelta come una sorta di ricompensa al dolore provato, una rivincita sociale. Il linguaggio รจ paternalistico, a tratti compassionevole, tendente alla lacrima. Si usano i meccanismi tipici del genere ยซdramaยป, utilizzando personaggi stereotipati, analizzabili psicologicamente, protagonisti di situazioni fortemente realistiche.

Conclusioni e prospettive
Sono molte le sfumature che caratterizzano il legame tra famiglia e media. Se รจ sempre piรน chiaro che i media si innescano nei meccanismi familiari attraverso lโ€™utilizzo dei molteplici apparati, รจ altrettanto reale che la famiglia (e i suoi componenti) ha la possibilitร  di gestirli in modo opportuno. Educare i media, infatti, significa in primo luogo educarsi e trasmettere agli altri i frutti di questo processo. Questo parte dalla famiglia che Papa Francesco definisce opportunamente il โ€œgrembo della comunicazione, un grembo fatto di persone diverse, in relazioneโ€ (Papa Francesco, 2015). Una relazione che si fa educazione e che lo stesso Pontefice sottolinea nel Messaggio per la XLIX Giornata mondiale della Pace (1 gennaio 2016) quando afferma lโ€™importante del legame tra educazione e comunicazione: ยซLโ€™educazione avviene, infatti, per mezzo della comunicazione, che influisce, positivamente o negativamente, sulla formazione della personaยป. Per questo motivo – aggiunge Francesco – ยซgli operatori culturali e dei media dovrebbero anche vigilare affinchรฉ il modo in cui si ottengono e si diffondono le informazioni sia sempre giuridicamente e moralmente lecitoยป. Questa speranza, nella fluiditร  del digitale, abbraccia tutti. Comprese le famiglie cui spetta il compito di estroflettere quel grembo comunicativo donando i semi della propria autenticitร .