La Bella e la Bestia: la favola a cui fare ritorno
(di Sofia D’Arrigo) “Chi avrebbe mai potuto amare una bestia?”
Come nella favola, una voce fuori campo ci introduce in una delle più belle storie raccontate dal colosso Disney. La stessa identica storia conosciuta in tutto il mondo ora rivisitata in live-action a cura del regista Bill Condon che si era già distinto in lavori come Maleficient, Cenerentola e Il libro della giungla. La Bella e la Bestia si conferma il classico che supera la soglia del tempo. Lo spettatore assiste a una trama nota e a personaggi che ha già incontrato o di cui ha già sentito parlare, ma ha l’occasione adesso di tuffarsi pienamente nella Francia settecentesca grazie agli straordinari effetti cinematografici.
La Bella e la Bestia è un film teatrale: storie nelle storie, in pochi, minuscoli frammenti di dialogo che mandano avanti la pellicola, mentre lo spettatore resta avvolto dalle musiche continue e dalle canzoni a cui sono affidate le incessanti emozioni dei personaggi.
Con la semplicità della favola mostrata ai più piccoli si ripropone a tutto il pubblico, per trasmettere un’unica grande morale: amare è la capacità di essere oltre l’apparire, di vedere l’uomo oltre la bestia. L’impavida e giovane Belle, per amore del padre conduce una vita semplice ma noiosa nel piccolo villaggio di Villeneuve, sentendosi diversa da tutti gli altri e rifugiandosi in quei mondi che lei sola può popolare, quelli delle storie che legge nei suoi amati libri.
“Questo posto è piccolo, ma piccolo vuol dire anche sicuro”, spiega Maurice da buon padre, determinato a proteggere la sua Belle, a custodirla da ogni pericolo, ma fino a che punto potrà farsi carico anche della sua libertà? È il momento di lasciare che Belle insegua i suoi desideri, innamorandosi non del principe azzurro, ma della Bestia che tutti dicevano incapace di amare. Prima ancora che lei potesse rendersene conto, Belle ottiene la libertà sognata due volte: dal padre prima e dalla Bestia poi.
E che uso ne farà ? Metterà a repentaglio quella infantile sicurezza per proteggere le persone che ama, salvando il padre, e solo alla fine dichiarando il suo amore, approdo finale di quella trasognata libertà. Ne La Bella e la Bestia vince l’amore svincolato dal pregiudizio, che si arrende alla piacevolezza dello stare bene insieme, passo dopo passo, con discrezione e dolcezza, entrando in punta di piedi nella vita di chi soffre un grande dramma. L’amore materno perduto e mai ritrovato del bambino diventato uomo e poi, per una maledizione bestia, e di Belle che quell’amore non lo ha mai conosciuto: questo accomuna i due protagonisti, rabbuia il cuore di lei, per quanto attenuato dalla figura del padre, e raggela quello di lui, ora uomo ora bestia, in un’alternanza di forza e sentimento, di dolore e speranza.
La speranza: quel dono mai perduto dai curiosi personaggi che animano il castello, che nonostante le costrizioni delle loro vesti sfoderano il canto migliore. Altro non chiedono, da buoni servitori, che “stia con noi” e salvaci se puoi. Salvarli sì, ma da cosa? Dal perdere la loro anima per sempre. Dal diventare meri oggetti per adornare le case, per sentirsi per sempre mobili. Come gli abitanti di Villeneuve: dimenticando i valori essenziali della vita, sono rimasti senza affetti e consumati nelle proprie giornate dall’invidia e dalla chiacchiera. Una piccolezza che dà sicurezza, è semplicità ma è anche forte limite di vedute. Sono illetterati e questo mortifica il loro status, li fa chiudere a riccio quando si paventa la possibilità di qualcosa di diverso pronto a sconvolgerli, una bestia può solo essere una minaccia. All’ignoranza fa eco l’arroganza, la ricerca della condizione più nobile costruita sul giudizio altrui, così Gaston pretende la mano di Belle, malcelando un narcisismo e una disonestà che gli costeranno infine la vita.
La fattucchiera, infine “deus ex machina”, seguiva con sguardo vigile l’evolversi della vicenda, pronta a sciogliere l’incantesimo qualora la Bestia fosse stata amata. Una maledizione da cui sembra nessuno farà ritorno, nonostante il sacrificio della Bestia che più volte salva la sua Belle. Ma solo il sentimento autentico scevro di paura e tentennamenti della giovane salverà il palazzo e i suoi abitanti: una dichiarazione d’amore originata dagli occhi di lei negli occhi di lui, quell’anima nobile mai definitivamente tramontata. La scena finale racconta una danza felice, in un mondo ritrovato, arricchito dalla diversità.