Eredità digitale, il notaio sia “arbitro” fra rete e internauta
L’idea dell’associazione giovanile di settore è creare un servizio di registrazione online centralizzato messo a disposizione di qualsiasi utente. L’appiglio normativo, una modifica del regolamento Ue della successione internazionale che affida al notaio il compito di stabilire chi siano i reali destinatari dell’eredità. Di Alberto Custodero dal sito de la Repubblica del 14 aprile 2016
ROMA – Eredità digitale: il notaio “arbitro” fra i colossi della Rete e il mondo degli internauti. È, questa, la provocazione dell’Associazione Italiana “giovani notai” (Asign). L’idea presentata dall’Associazione consiste nel creare un servizio di registrazione online centralizzato messo a disposizione di qualsiasi utente e di qualsiasi fornitore di servizi internet. Il form conterrà i dati anagrafici dell’utente e le informazioni relative agli account che verranno lasciati in eredità.
Quando muore un utente della rete, a chi va la sua eredità online conservata nelle casseforti virtuali? Il tema del “testamento digitale”, nell’era della privacy, e dei beni digitali come e-book, musica, film e archivi online che custodiscono una mole enorme di documenti che possono avere un enorme valore economico, non è affatto banale. L’Associazione “giovani notai” parte dalla constatazione che i diritti successori che maturano nel web sono tutelati da una normativa incerta, e poco chiara che finisce per favorire le aziende online come Google, Microsoft, Apple, Facebook, Dropbox, Twitter, Amazon, Ibm, Youtube, Linkedin.
Morte reale e morte virtuale. Il primo problema, paradossalmente, è proprio come accertare, sul web, la morte dell’internauta. Quando si crea un account, il cittadino sottoscrive con il servizio death manager di Google, Facebook, e altri gestori le condizioni sul destino dei suoi dati dopo la morte. “Ma nessuno legge quelle condizioni – spiega Ludovico Capuano, presidente dell’Associazione – il 99 per cento degli utenti non si rende conto di cosa stia firmando. E così possono insorgere problemi e contenziosi”.
Spiega Capuano: “Gli accordi con il death manager prevedono che, se non si accede al sito per un certo periodo concordato (esempio sei mesi), il gestore considera morto l’utente. E trasferisce tutti i dati alla persona indicata nel ’contratto’. Può capitare dunque che una persona ancora in vita, che per qualunque motivo non accede per un periodo al suo account, sia considerato morto. Può capitare che questa persona venga privata di tutti i suoi beni digitali. E che questi finiscano nella disponibilità di persone che non sono i suoi legittimi eredi. Insomma, può succedere un pasticcio”.
Il patrimonio digitale. Nell’era digitale, una persona nell’arco della sua vita acquista libri musica e film per lo più in formato digitale. Ma non è detto che i suoi figli avranno i suoi libri e la sua musica, così come una volta si ereditavano libri e dischi dai genitori. È oggi normale intrattenere rapporti bancari esclusivamente via Rete: ma in caso di morte, gli eredi, se non hanno accesso alla posta elettronica del defunto, potrebbero ignorare del tutto l’esistenza del conto. Casi simili cominciano a far capolino negli studi dei notai italiani. E hanno una valenza non solo patrimoniale ma anche umana e di costume.
Il precedente di Bruce Willis e Apple. Il caso dell’eredità digitale è scoppiato con lo scontro tra Apple e Bruce Wills. Il cantante e attore avrebbe voluto lasciare in eredità alle figlie la sua vasta collezione di canzoni di iTunes, ma Apple non vuole. Le licenze d’uso non prevedono il passaggio di testimone. Chi compra un dvd oggi sa che può tenerlo per sempre, ma anche lasciarlo a amici o parenti. Mentre chi scarica un brano musicale o un video dal jukebox di Apple, sfrutta una licenza d’uso personale, ma niente di più. Insomma se il pezzo non è stato acquistato, non è di proprietà e dunque non può essere lasciato in eredità.
I contratti che nessuno legge. “I grandi colossi della Rete – avverte Capuano – gestiscono i problemi digitali successori con sistemi in house, ci fanno firmare condizioni generali di contratto che nessuno, in realtà, legge. E quindi non c’è la garanzia che i beni digitali del de cuius arrivino a quelli che sono i legittimi titolari dell’eredità”.
Un quadro giuridico complicato. A complicare il quadro giuridico contribuisce il fatto che i principali operatori di servizi Internet hanno il loro quartier generale negli Usa, e le loro condizioni d’uso, che l’utente accetta, rinviano quasi sempre ad una legge e ad un tribunale straniero: in genere la normativa californiana e la giurisdizione delle corti di Santa Clara, nella Silicon Valley. “La rigidità di tale pratica si sta probabilmente attenuando – spiega Capuano – ma resta un fatto: la natura transazionale della Rete rende velleitario ogni tentativo di imporre normative a livello nazionale”.
La proposta dei “giovani notai”. “Vogliamo proporci – spiega il presidente dei “giovani notai” – come soggetti terzi garanti nei confronti sia delle aziende che dei cittadini che le cose si svolgano secondo legge per garantire da un lato la privacy, dall’altro che la possibilità di contestazione si riducano a zero come accade oggi con le transazioni immobiliari”. “L’appiglio normativo ce l’abbiamo già – spiega il notaio Capuano – e si fonda sul regolamento Ue della successione internazionale che affida al notaio il compito di stabilire chi siano i reali destinatari dell’eredità. Entrando nell’ambito del regolamento, si potrebbe proporre una modifica per gestire la fase della morte del soggetto con la creazione di un servizio di registrazione online per accedere agli account del defunto”.
Il progetto dei “giovani notai”. “Il progetto – commentato Ludovico Capuano – consiste nell’offrire un sistema semplice, sicuro e certo, che consenta agli eredi di avere accesso agli account attivati in vita dal defunto, il tutto per un periodo di tempo limitato, ma sufficiente affinché i dati possano essere consultati, scaricati o cancellati”. “La nostra proposta prevede inoltre che i fornitori dei servizi conoscano con un certo tempismo l’avvenuto decesso di un loro iscritto, al fine di limitare la funzionalità dell’account e disabilitando così, eventualmente, alcune funzioni.”
Il retroscena. Il Notariato italiano, che si occupa della questione da diversi anni (le prime istruzioni in materia diramate ai notai italiani risalgono al 2007) ha avviato un tavolo di lavoro con Microsoft
e Google al fine di sviluppare un protocollo che consenta a chi vive in Italia di risolvere problemi di eredità digitale interagendo in modo semplice e non troppo costoso con gli operatori della Rete. La soluzione italiana potrebbe rappresentare un caso pilota a livello europeo.