Challenge online: morta una bimba di 10 anni
Qualche riflessione a margine della morte di una bambina di 10 anni per soffocamento a causa – si ritiene – di una sfida su TikTok, la Blackout Challenge, o Passout Challenge, che consiste nell’arrivare a un passo dal soffocamento, strangolandosi con corde o usando altre tecniche per rendere difficoltoso il respiro.
L’idea di per sé non è nuova, chiunque ha figli adolescenti saprà che già qualche anno fa era in voga un folle gioco basato sull’iperventilazione, che aveva lo scopo di arrivare quasi a soffocare e perdere momentaneamente i sensi. Si praticava a scuola, quando TikTok non esisteva nemmeno. L’idea di sfidare il pericolo, mettendo alla prova le proprie paure è tipica dell’adolescenza e della preadolescenza, quando la percezione del rischio reale è sfumata.
Ma qual è il ruolo della tecnologia in questa storia?
La tecnologia amplifica i fenomeni e in questo modo ne cambia la natura. Diverso è fare un gioco nel corridoio di una scuola o in casa con un’amica, quindi in compagnia di qualcuno, che mi guarda e mi può aiutare, e invece fare lo stesso gioco in camera da sola con lo smartphone come unica compagnia. Nel secondo caso un ragazzino o ragazzina ha l’impressione di essere con qualcuno, ma in realtà è in totale solitudine. Nessuno può aiutarlo a limitarsi e non arrivare alle estreme conseguenze.
La Rete amplifica la visibilità di un comportamento. Il valore primario oggi per un adolescente è la popolarità. Una sfida del genere, vinta, il cui video si diffonde nel web è in grado di aumentare la popolarità, magari anche di diventare “virale” e rendere famoso il suo protagonista.
La terza considerazione riguarda l’età e l’accesso precoce a questi strumenti. E’ noto che per accedere a TikTok occorre avere almeno 13 anni, come per tutti gli altri social. Di per sé questo non è garanzia dell’assenza totale di rischi, ma è una condizione fondamentale. Come non daremmo in mano una Ferrari a un ragazzino neopatentato, non dovremmo nemmeno dare uno smartphone, strumento potentissimo difficile da utilizzare anche per noi adulti, a 8-9-10 anni. A quell’età è molto difficile riuscire a gestire l’impatto emotivo di quanto si vede su quel piccolo schermo. Ricominciamo a prendere sul serio la questione dell’età e proteggiamo i nostri figli da qualcosa che non sono assolutamente in grado di fronteggiare. Non lasciamoli soli. Creiamo un dialogo su quel che fanno online. Limitiamo l’uso, soprattutto quando sono soli in camera. E soprattutto non lasciamo mai che usino lo smartphone in camera da soli di notte. Tutto è più spaventoso la notte. Lo sappiamo bene. Noi genitori abbiamo gli strumenti per affrontare e vincere la sfida che veramente conta, quella di promuovere un uso sano del digitale. Riprendiamoci la nostra responsabilità. Non abbiamo paura di dire dei no. Soprattutto non lasciamoli soli.
di Stefania Garassini, presidente Aiart Milano
da facebook.com/aiartmilano