Caos televisori in arrivo: gli apparecchi degli italiani a rischio rottamazione
Una nuova assegnazione delle frequenze, voluta dall’Europa, potrebbe costringere i cittadini a cambiare televisore (o installare il decoder) per continuare a ricevere il segnale del digitale terrestre. Di Aldo Fontanarosa dal sito de la Repubblica del 4 aprile 2016
ROMA – Poco alla volta – e comunque entro il 30 giugno del 2020 – le famiglie e le aziende italiane dovranno cambiare i loro televisori. O quantomeno comprare uno speciale decoder esterno e collegarlo al vecchio apparecchio tv. Solo così continueranno a vedere i canali del digitale terrestre. La novità, non proprio piacevole, è illustrata da due documenti parlamentari, delle Commissioni Telecomunicazioni di Senato e Camera. I due pareri spiegano che le emittenti italiane (Rai, Mediaset, La7 e le altre) saranno costrette a cambiare la tecnica di trasmissione del loro segnale televisivo. Dovranno adottare, cioè, il digitale terrestre di seconda generazione (DVB-T2) ed eventualmente un software che comprime questo segnale (si chiama HEVC). Di conseguenza, le famiglie non avranno scelta e acquisteranno un apparecchio tv o un decoder esterno anch’essi di seconda generazione, pena l’oscuramento dei canali.
I documenti di Senato e Camera – il primo già approvato, il secondo in votazione mercoledì – precisano la posizione italiana su una Proposta di Decisione della Commissione europea. La Commissione vuole mettere ordine nell’etere e in particolare su un binario di frequenze di qualità. È la “banda 700”. Questa banda è tuttora occupata dalle emittenti tv (6 in Italia) mentre l’Europa la destina alle società di telecomunicazioni, che la useranno per offrirci collegamenti Internet ultraveloci (4G e 5G) da tablet o smartphone.
Ora, questo avvicendamento – via le tv e dentro le società di tlc – è già deciso da tempo. L’Europa però si accontentava che il cambio della guardia avvenisse nel 2022, tra sei anni. Invece la Commissione vuole anticipare la scadenza al 30 giugno 2020. E gli effetti di questa accelerazione sarebbero pesanti, per noi italiani. Di colpo, il Paese avrebbe a disposizione solo 14 canali liberi dove ospitare le emittenti nazionali sfrattate dalla banda 700, più tutte le altre. A quel punto, per irradiare il segnale, queste emittenti dovrebbero adottare una nuova tecnica, il digitale terrestre di seconda generazione, ed anche software che comprimono il peso dei canali. Gli investimenti per gli editori saranno importanti, ma anche le famiglie avrebbero il loro conto da pagare, per un nuovo apparecchio tv oppure per un decoder esterno. Un piccolo televisore di 22 pollici (marche Samsung, Telesystem, Philips) costa oggi dai 140 ai 165 euro, se DVBT-2. Un decoder, dai 30 ai 446 euro. Questi apparecchi di seconda generazione saranno i soli fabbricabili (da luglio 2016) e gli unici in vendita (da gennaio 2017).
Il conto arriverà anche allo Stato. Oggi sulla banda 700 sono attive sei reti nazionali: tre sono di Mediaset ed una di Tarak ben Ammar, storico alleato del Biscione, ad esempio. Questi editori vantano una concessione fino al 2032. E prima di abbandonare la banda 700 chiederanno, oltre a nuove frequenze, un corposo risarcimento. Lo Stato, a sua volta, metterà all’asta le frequenze. A novembre 2015, la Francia ha ottenuto 2,79 miliardi da quattro operatori di tlc (Boygues Telecom, Free Mobile, Orange, Sfr). La Germania oltre 5 da Deutsche Telecom, Telefònica, Vodafone (sia pure per un pacchetto di frequenze più articolato).
Nel complesso scenario italiano, Michele Anzaldi – il deputato del Pd che sta scrivendo il parere alla Camera – cerca aiuto in Europa. La settimana scorsa, Anzaldi ha scritto all’eurodeputata Patrizia Toia (lei pure Pd, vice presidente della Commissione Industria) perché dia una mano a fermare questo treno in corsa. Anzaldi ricorda che gli italiani hanno già comprato decoder e televisori al momento dell’arrivo del primo digitale terrestre. Ora rischiano una nuova forte spesa. Gli stessi produttori avrebbero difficoltà a rispondere alla domanda di nuovi apparecchi, mentre le emittenti tv si farebbero carico di investimenti ingenti per aggiornare i ripetitori. La speranza italiana è di ripristinare la scadenza al 2022.
Gestiranno questa fase di passaggio sia il ministero dello Sviluppo economico sia il Garante per le Comunicazioni (l’AgCom). E consulenti del Garante valutano una scappatoia tecnologica. A loro parere, il digitale terrestre di prima generazione (DVB-T) può anche restare in campo se le emissioni venissero rafforzate. Basterebbe adottare la standard Mpeg-4 (più forte dell’Mpeg-2 oggi in uso). Questa strada, peraltro, è stata scelta dai francesi che inizieranno a liberare la banda 700 questo 5 aprile, partendo dall’area di Parigi. I francesi – forti di un etere più ordinato del nostro – puntano su questa accoppiata: digitale di prima generazione (DVB-T) ed Mpeg-4. E stimano che solo 5 milioni di famiglie – una su 4 – alla fine debbano cambiare televisore o decoder.