Il Servizio Sanitario Nazionale: un patrimonio a rischio di estinzione?
Da IL TELESPETTATORE n 10-11-12 2023 SPECIALE SSN A cura di Maria Elisa Scarcello
Il Servizio sanitario nazionale nasce il 24 dicembre 1978 con una legge di riforma che introduce un modello universalistico di tutela della salute. Prima c’erano le mutue, pubbliche e private, che però non garantivano equità di accesso alle cure. La legge del 1978 si basava su tre principi fondamentali: universalità, uguaglianza ed equità. Cosa è successo da allora? Il modello funziona ancora o rischiamo di perderlo? Quali sono le criticità e alcune possibili soluzioni? Per rispondere a queste domande abbiamo intervistato Silvio Garattini – Presidente dell’Istituto Mario Negri, Milano – e Anna Lisa Mandorino – Segretaria Generale di Cittadinanzattiva.
“Spetta anche al giornalismo riportare l’attenzione su questa problematica; i media rappresentano un aspetto fondamentale per l’attuazione di una vera e propria rivoluzione culturale. Accendete i riflettori sul Sistema sanitario nazionale: un bene inestimabile che dobbiamo tutelare per noi e per quelli che vengono dopo di noi”. È l’appello di Silvio Garattini, farmacologo e Presidente dell’Istituto Mario Negri di Milano. “Il diritto alla salute – afferma – è il bene supremo di ogni essere umano. Tutelato e protetto – nell’art. 32 della nostra Costituzione – come “fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Una rivoluzione rispetto ad un passato in cui non tutti i cittadini potevano curarsi. Eppure basta soffermarsi sui cambiamenti che oggi si intravedono per capire che il modello non funziona più come prima e rischiamo di perderlo. Per Garattini sono sempre più evidenti “le diseguaglianze tra le regioni – a cui si aggiungono nello specifico: un finanziamento pubblico per la sanità non allineato alla media dei Paesi europei, la non uniforme esigibilità dei LEA in tutto il territorio nazionale e la poca valorizzazione e investimenti sul personale sanitario (tanto da averlo demotivato), le diseguaglianze d’accesso ai servizi sanitari e l’espansione della sanità privata accreditata”.
La questione del rapporto pubblico-privato è molto sentita e in questo momento molte risposte i cittadini le trovano nel privato che dovrebbe rappresentare – in un sistema come il nostro – una libera scelta e non una necessità.
“Nel momento in cui però si indebolisce il sistema pubblico – spiega Garattini – il privato inevitabilmente avanza e non si può parlare più di integrazione pubblico-privato ma di sopraffazione e di ingiustizia sociale. In Italia si calcola che ci siano circa 10 milioni di poveri che evidentemente non hanno i mezzi per poter pagare direttamente le prestazioni”.
Viene quindi spontaneo domandare: È questo il modello di società che vogliamo? Dove è inevitabile che ci siano persone che rinunciano alle cure?
“La prima cosa su si dovrebbe lavorare – afferma Garattini – è la riorganizzazione completa di tutta la medicina territoriale. Medicina del territorio e ospedaliera non possono vivere su due binari separati; devono al contrario ‘incontrarsi’; perché solo con un’unione fra le due si potrà pensare di gestire al meglio la sanità”. Tra le possibili soluzioni Garattini individua anche “l’organizzazione delle case di comunità, costituite da 15/20 medici che siano in grado di assicurare almeno 8 ore di ambulatorio sette giorni a settimana e con la collaborazione di differenti figure: dagli infermieri, ai pediatri di famiglia, ai fisioterapisti e psicoterapisti, seguiti da una segreteria informatizzata e da tutte le apparecchiature necessarie per poter eseguire analisi di routine. Così da creare un filtro importante per i pronto soccorso, che si andranno ad ccupare solo dei casi di emergenza”.
Un altro strumento valido il presidente dell’Istituto Mario Negri lo individua nella telemedicina “ancora poco praticata e con delle notevoli differenze territoriali ma fondamentale per poter creare dei collegamenti più stretti fra il territorio e gli ospedali (così da poter eseguire molti esami a livello territoriale e avere poi la verifica e l’interpretazione a livello ospedaliero) ma anche per facilitare la comunicazione tra medici e pazienti”.
La trasformazione digitale diventa un punto fondamentale per il rilancio del Servizio sanitario nazionale. Viviamo sull’onda emotiva e positiva del PNRR un grande entusiasmo per tutto quello che riguarda la telemedicina ma ci sono ancora tanti ostacoli da rimuovere: dalle competenze digitali nella popolazione e tra professionisti della sanità e caregiver; fino alla rimozione degli ostacoli infrastrutturali e tecnologici da cui dipende l’accessibilità ai servizi.
È chiaro quindi che sono necessarie delle riforme che al momento non si vedono. “Partendo però da un aspetto fondamentale – precisa Garattini – la prevenzione che è in evidente antagonismo con il mercato della medicina che si sta fortemente imponendo, tanto da aver reso insostenibile il Sistema sanitario nazionale. È importante sottolineare che molte malattie sono evitabili: dal diabete al 40% dei tumori a causa dei quali invece muoiono ogni anno in Italia 180 mila persone”.
L’unica via d’uscita Garattini la individua in un “cambio di paradigma che si potrà realizzare solo attraverso una grande rivoluzione culturale che rimetta al centro l’esigenza della ricerca clinica e di un’informazione indipendente e lontana dalle logiche del mercato; partendo però dall’educazione alla salute e alla prevenzione – che dovrà interessare il campo della formazione a tutti i livelli – incluse le scuole di medicina, in cui si dovrebbe formare non soltanto alla capacità terapeutica e di cura ma anche di prevenzione – fino alla formazione dei dirigenti del servizio sanitario nazionale (attraverso una scuola superiore di sanità) e alla loro indipendenza dalla politica”.
“Proprio in virtù di quest’unica via d’uscita – conclude Garattini – serve un’azione coordinata tra medici e giornalisti nell’illuminare le zone d’ombra del nostro Paese; è necessario un sistema più ‘governato’ per la certificazione dell’informazione medico-scientifica nei social network e una carta stampata più responsabile, coerente e meno dipendente dalle pubblicità contrarie al concetto di salute”.
Il benessere delle persone deve essere messo al centro di tutte le decisioni che non sono solo quelle sanitarie ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche, fiscali, tecnologiche oltre che di istruzione e di ricerca. “Qualcuno potrà dire che è un sogno ma se sogniamo in tanti….forse ci riusciamo”……….continua a leggere sul numero de “IL TELESPETTATORE” 10-11-12 2023 SPECIALE SSN A cura di Maria Elisa Scarcello