Verso una nuova industria culturale “intelligente” e creativa?

da Il Telespettatore n. 1-3 2024.

La logica dei media, l’intelligenza artificiale e le fasi di questa rivoluzione sul mondo dell’editoria e del marketing digitale ‘sconvolto’ anche dall’emergere di influencer virtuali. I rischi e le questioni etiche riguardo l’autenticità e il ruolo dell’umanità nel marketing.

I media non sono efficaci aprescindere, non è sufficiente la persuasione, lo diventano nel momento in cui il fruitore attribuisce loro tale efficacia mediante la soddisfazione dei propri bisogni.
Fino alla metà del ‘900 circa il pubblico dei media è stato erroneamente inteso come passivo, senza autonome capacità di critica, atomizzato o comunque limitato nell’interpretare, elaborare l’informa-azione riprodotta dai mezzi di comunicazione di massa e più in generale dalla tecnologia. I tempi della vita quotidiana, nonché la sua organizzazione pubblica e privata, sembravano essere ciecamente guidati dalla tecnica. Finché successivi studi nel campo sociologico, mediologico e psicopedagogico tentarono di riconoscere un ruolo attivo e dinamico dei pubblici nel rapporto con i media. Secondo Katz gli spettatori erano orientati verso uno scopo che essi cercavano di realizzare attraverso l’uso dei mass media, generalmente con il fine di consumare un determinato prodotto.
Per quanto attivo però, la logica industriale dei media era ed è, divenuta nel tempo un carattere fondamentale dell’essere umano, delle sue relazioni, della sua storia, della sua cultura consumistica.
Un’industria culturale della vita quotidiana che è aumentata e si è radicalizzata via via nell’ecologia della comunicazione umana e nell’ontologia dell’essere sociale parallelamente allo sviluppo dei nuovi media e delle tecnologie digitali intelligenti.
Ogni giorno, fin dalle prime ore del mattino, quando ci alziamo dal letto controlliamo se durante la notte ci sono state reazioni ai nostri post, like e visualizzazioni. Tutti noi, imprenditori, studenti, professori, giornalisti, politici, non facciamo altro che produrre e consumare contenuti vendendo visibilità, intimità e guadagnando grazie a quella condizione sociale e a quel concetto socio-giuridico che un tempo sembrava avere un particolare valore etico-culturale (oggi, ahimè, puramente economico): la trasparenza.
Con l’inizio dell’era elettronica gli strumenti del marketing tradizionale applicati al campo della comunicazione iperconsumistica hanno riguardato principalmente la pubblicità stampata, televisiva, radiofonica. Negli anni ’50, il potere era ancora detenuto dai professionisti del marketing. Si convinceva il pubblico-cliente ad acquistare gli ultimi prodotti all’interno di un tempo cognitivo lento e distratto e uno spazio specifico promozionale ancora poco affollato, ma in grado di creare bisogni, aspettative, promesse.
Nella società digitale e trasparente sono i pubblici consumatori a detenere il potere del consumo e a governare il tempo e lo spazio della performance. Decidono cosa, quando e come acquistare. Cosa creare e condividere. Quando modificare o addirittura falsificare i diversi contenuti destinati ad una circolazione transmediale senza fine.
Tutto questo non sarebbe stato possibile senza il marketing digitale via internet, smartphone e social media.
L’intelligenza artificiale (AI) è ora la prossima grande novità che porterà ulteriori cambiamenti nel mondo socio-economico e dell’informazione (pubblicitaria). Secondo un recente studio condotto dall’Università di Sidney in collaborazione con professionisti del digital marketing statunitensi ed europei l’88% dei professionisti del mondo delle vendite online, e non, sfrutterà appieno la forza della AI.
In che modo?.…….continua sul numero del Il Telespettatore 1-3, 2024.