Squid Game, la serie violenta diventa un reality. Anche per i bambini. Aiart: “Editori che si distinguono per volontà di distruzione dei fondamenti della nostra civiltà occidentale. L’appello alla responsabilità delle Istituzioni”

“Se è stato sempre vero che per educare ci vuole un villaggio, oggi dobbiamo dirci con molta franchezza che da questo villaggio mancano spesso colpevolmente alcuni editori che si distinguono per volontà di distruzione dei fondamenti della nostra civiltà occidentale”. Giovanni Baggio, presidente Aiart commenta così il nuovo fenomeno tv dell’inverno: lo show su Netflix ispirato alla gara all’ultimo sangue di Squid Game: la serie finita sotto accusa nel 2021 con il conseguente richiamo – da parte del Garante per l’infanzia – alla responsabilità educativa di tutta la società, chiedendo un impegno maggiore di controllo e di accompagnamento dei propri figli.

Nonostante però i richiami dell’Aiart e di tutte le istituzioni impegnate sul fronte dei diritti dei minori; le indignazioni dei docenti e dei genitori e le polemiche degli utenti, il nuovo programma viene classificato come accessibile dai 7 anni in su.

Stiamo parlando di un’operazione tv in cui l’unica regola della relazione con l’altro è la sopraffazione; un gioco con un montepremi di 4,6 milioni di dollari (il più alto mai messo in palio in un reality show) il cui obiettivo è vincere prevaricando gli altri fino ad ucciderli (anche se in realtà nessuno alla fine muore davvero).

Abbiamo già troppi esempi di fallimenti educativi – prosegue Baggio – e certo non ci servono altre lezioni di nichilismo e di prevaricazioni. Non esiste la libertà di fare del male alle persone ed alla convivenza civile”.

L’Aiart chiede alle Istituzioni competenti – dall’Agcom, al Comitato media e minori al Garante per l’infanzia – che si assumano la responsabilità regolamentando con maggiore incisività un fenomeno che ormai ha assunto il rilievo di un’emergenza, purtroppo non ben percepita e con fenomeni sempre più numerosi di preoccupante emulazione.

“Nonostante le annunciate nuove misure dell’Agcom, l’unica logica che continua a valere è quella dei numeri con il perverso obiettivo di trasformare il contenuto in merce,  senza alcuna preoccupazione etica. Su queste dinamiche – conclude Baggio – l’Aiart sta investendo in maniera preponderante ma serve la responsabilità educativa di tutta la società”.