Questione di ‘Chemical’, ma non solo: c’è una pagina bianca da scrivere e una pagina ‘blanca’ da cancellare.
di Sandra Costa
“Rosa Chemical canta l’amore libero “oltre la famiglia tradizionale”. […]Sesso, amore libero, fluidità: tutti temi che (purtroppo) ancora oggi sono considerati tabù” Così Alice Castagneri, di “La Stampa”, il 28 gennaio 2023, anticipava quelle che prevedeva fossero polemiche del dopo Sanremo. Ed ecco risuonare una delle tanti voci libere da tabù, che incarnano posizioni di grande apertura, puntuali a mettere una bella etichetta sulla parola famiglia, in questo caso racchiudendola in un virgolettato assieme al termine “tradizionale”. Sembra che le menti aperte abbiano bisogno di sfatare i cosiddetti stereotipi e pregiudizi facendo diventare stereotipo e pregiudizio quel che qualcuno ha deciso sia una realtà superata. A questo punto potremmo fare il gioco del mente aperta e mente chiusa, mente lunga e mente corta. Offrirei una prospettiva di sguardo: provare a vedere la famiglia e l’amore con gli occhi di un bambino e di una bambina, la cui ragione di esistere è un atto d’amore. Parliamo di quell’amore che i bambini si aspettano, quello che diventa poi verbo amare coniugato in più voci: ascoltare, rispondere ai bisogni e ai problemi che si presentano, impegnarsi verso bilanci stretti da far quadrare, sforzarsi di comprendersi , essere uniti nella diversità, condividere desideri di felicità da esaudire e di sogni per cui lottare per farli realizzare, superare i conflitti che insorgono. Una scuola di vita la famiglia, che si riverbera fuori di casa, negli ambienti di studio e di lavoro, di svago, di impegno nel sociale (e quest’ultimo non è solo il numero verde di qualche giorno).
Chiudere questa ricca, faticosa e gustosa complessità in una visione distorta di libertà è quanto di più infimo e falso possiamo offrire a chi guarda agli adulti per costruirsi un senso del vivere. Sognare basso e sognare stretto è esattamente il contrario di quanto ascoltato dalla lezione magistrale di Roberto Benigni nella serata di apertura del Festival; quella pagina bianca che i bambini hanno ben colto come mandato a scrivere con la propria vita applicando i principi, i diritti e doveri scritti da chi ha sognato in grande, non ha nulla a che vedere con la libertà di vandalizzare un palco e di confinare l’amore nel recinto della perversione. Gli stessi monologhi, pur con tanti passaggi toccanti e riflessioni alte, diventano parole sterili con cui si licenziano questioni che per essere superate hanno bisogno di una cultura del rispetto e della reciprocità che chiede visioni alte, azioni umili e amore vero, quello che non si adira, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto… che tutto può – di bello, di alto, di vero, se ci crediamo insieme.