L’onda migratoria tra realtà e percezione
La realtà delle migrazioni e il ruolo dell’Italia e di un’Europa – che ci piaccia o no – inevitabilmente sempre più multietnica. La colpevole ‘distrazione’ dei governi e il racconto dei media tra rischio di assuefazione al male e semplificazioni da social.
Nel 1989, quando cadeva il muro di Berlino, sembrava fossimo all’inizio di un tempo nuovo che avrebbe visto le divisioni tra i popoli affievolirsi sempre più. In quegli anni nel mondo si contavano 26 muri; dopo l’11 settembre del 2001, il numero delle barriere è aumentato e sono stati costruiti un’altra trentina di muri e nel 2019 abbiamo raggiunto una settantina di divisioni tra i paesi. Ma oltre i muri fatti di cemento, recinzioni e filo spinato dovremmo forse aggiungere il muro del Mediterraneo, che di
fatto rappresenta forse una barriera che ha inghiottito migliaia di vite umane; nel solo 2021 si contano 1.315 migranti dispersi nel Mediterraneo. Ma sono numeri per difetto.
Papa Francesco nel corso della sua visita a Lesbo, nel dicembre del 2021, ha usato parole forti al riguardo: “Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non permettiamo che questo ‘mare dei ricordi si trasformi nel mare della dimenticanza. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!”. Si va sempre più affermando l’opinione comune che per difenderci dall’invasione dei migranti sembra che l’unica riposta di buon senso sia innalzare muri. Eppure, un acuto giornalista come Federico Rampini, in un suo saggio ci ricorda una lezione della storia spesso dimenticata: “gli imperi in ascesa costruiscono strade, quelli in
declino, muri”.
L’articolo completo è disponibile nel nuovo numero del Telespettatore a questo link.