Mantenersi umani. La politica, i senzatetto e noi che siamo il «rischio»
di Elisa Manna
da avvenire.it
Noi umani certe volte siamo davvero creature distratte: ci concentriamo su un pericolo che veloce ingigantisce nella nostra mente, prende forma temibile e minacciosa. E non ci accorgiamo che dal basso, piano piano sta crescendo una realtà molto più pericolosa, vicino a noi, tra di noi….
Si parla di noi, gente comune, che lavora, porta avanti la famiglia, la sera guarda la televisione e manda giù dosi massicce di violenza, attentati, guerre, migranti che annaspano tra le onde dell’ultimo naufragio, terrorismo. Una lenta ‘mitridatizzazione’ rispetto alla violenza, di cui ultimamente siamo per lo più consapevoli, ma che non siamo in grado di arginare, né per noi né per i nostri figli. Commentiamo sconsolati tra una minestra e un’insalata: ‘La televisione non si può più guardare’, ma poi continuiamo a guardarla, sapendo che cambiare canale non serve a cambiare menu. Perché la cultura dell’informazione, con rarissime eccezioni, è ormai omologata, parla con gli stessi codici, lo stesso lessico. E allora via con immagini di esplosioni, via con la descrizione morbosa dell’ultimo delitto, un femminicidio oppure l’omicidio di un perdente, di un rifiuto umano. Già quei ‘sacchi umani’ abbandonati per strada o sotto un portico che sono la punta dell’iceberg di un fenomeno, l’impoverimento progressivo della popolazione, che sembra inarrestabile.
La Caritas di Roma un paio di settimane fa ne ha fatto nel suo Rapporto una fotografia impietosa, da cui emerge – per la Capitale come per il Paese – l’acuirsi della divaricazione sociale tra una quota ridotta di fortunati e una massa di poveri assoluti e a rischio povertà. In mezzo una classe media insidiata dalla crisi. Ma per tutti i poveri continuano ad essere solo i barboni, gente troppo diversa. E così, l’altra sera, il notiziario ci ha parlato di un clochard bruciato da due ragazzini: per cupa noia, per vedere l’effetto che fa. E abbiamo visto la telecamera avvicinarsi senza pudore a quella povera macchia carbonizzata, mentre il cronista raccontava il fatto con voce monotono, da previsioni del tempo: l’accaduto, le motivazioni dei ragazzi. Senza un sussulto di umana pietà, senza un moto di sdegno nella voce. Qualcosa che ci desse un segno, che, sì, si stava parlando di un orrore senza fine. Ma niente, un battito di ciglia e si passa a un servizio di costume…….continua a leggere……