Il “buonismo” del Buondì.
Non tutto ciò che piace, è divertente o ha un aspetto invitante è buono e giusto. Questa semplice regola educativa di buon senso da sempre conosciuta e trasmessa dagli adulti ai più piccoli sembra essere stata dimenticata dalla Motta, che si sta riproponendo al mercato con spot discutibili. Si tratta di immagini in cui una famiglia viene “simpaticamente” schiacciata o spazzata via da un asteroide: nel primo spot tocca alla mamma, nel secondo è la volta del papà e della bambina. Se l’effetto demenziale voluto potrà facilmente essere colto dai grandi sembra che la tutela dell’infanzia di fronte allo schermo non sia più un problema per chi si occupa di comunicazione. Se per fare audience persino “Paperissima sprint” in prima serata su canale 5 inserisce al suo interno riferimenti sessualmente espliciti e immagini discutibili o le varie emittenti per fare cassa danno spazio a spot sul gioco d’azzardo con espressioni ipocrite del tipo “gioca responsabilmente” o “il gioco è vietato ai minori” è evidente che la nostra società sta inesorabilmente perdendo la capacità di guardare alla realtà con gli occhi dei bambini. Tutti abbiamo e dovremmo sempre avvertire questa responsabilità. Se a un adulto certi contenuti possono pure strappare un sorriso, ciò non dovrebbe significare che si tratta di messaggi innocui per l’infanzia. Dovremmo ricordarcelo spesso, non soltanto davanti alla TV, ma anche quando mettiamo in mano ad un bambino un tablet, uno smartphone o gli facciamo ascoltare le hit musicali del momento. Senso critico e responsabilità non possono essere inculcati, devono essere testimoniati dall’adulto. L’agenzia pubblicitaria che ha ideato lo spot, leader nel settore, ha certamente saputo fare il suo lavoro. Tutti ne parlano e persino questo articolo corre il rischio di stare al gioco. Il cliché della pubblicità che «aggiunge calore agli oggetti», come scriveva il sociologo Baudrillard, è stato scardinato, la famiglia modello Mulino Bianco è un’utopia: meglio schiacciarla con un uno spot di dubbio gusto ma di sicura presa nell’immaginario collettivo adulto. E ai bambini chi ci pensa?
Non è dato sapere quanto sia costata alla Motta questa campagna pubblicitaria, ma si può facilmente intuire il “costo etico” di uno spot che banalizza in maniera demenziale la morte e le figure genitoriali. Ma se oggi si è potuti arrivare a questo punto non è certamente colpa della tv o dei mezzi di comunicazione. Paradossalmente meritiamo questa deriva, e con un mix di nostalgia e di rimpianto ricordiamo il vecchio spot anni ’80 del buondì in cui si cantava “me lo merito io, buondì Motta, buondì mio!”. Ecco dove ci ha portato una certa dabbenaggine farcita di buonismo. E ci sta bene.
Lorenzo Lattanzi
Presidente Aiart Marche
I due spot del Buondì