I bambini e l’informazione. Il punto su RAI Radio Kids
(di Daniela Zambonini) Suscita molto interesse il progetto annunciato per il 12 giugno di RAI Radio Kids, un canale radio digitale senza pubblicità in streaming per bambini.
Si parla di un target tra i 2 e i 10 anni e di un programma a base di colonne sonore di cartoni animati, musica e canzoni, narrazioni, fiabe, informazione, educazione alla lettura e alla musica in collaborazione con l’orchestra sinfonica nazionale della Rai. Una bellissima idea che sicuramente va colmare un vuoto di programmazione nella tv dei ragazzi, quello dell’ informazione culturale.
Buona anche la scelta cross-mediale di un canale radio in streaming, basata sul fatto che “oggi il centro è internet e i ragazzi dobbiamo raggiungerli là” come affermato dal direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto.
I media hanno un’importante responsabilità nell’informare e pur non essendo soggetti “educativi” poiché l’educazione può avvenire solo nello spazio delle relazioni interpersonali e dalla condivisione di esperienze, valori e significati, essi stessi influenzano la relazione educativa.
L’immaginario infantile si nutre molto del materiale simbolico fornito dai media. L’ “ambiente” mediatico in cui un bambino vive è il risultato di ciò che sia i produttori che i distributori di contenuti realizzano insieme alla fruizione particolare del bambino stesso. Di qui deriva sia la responsabilità da parte del mondo adulto sia un constatare che gli effetti di un messaggio trasmesso dai media dipendono anche dalle caratteristiche di chi riceve il messaggio. Per esempio l’età, il grado di sviluppo cognitivo, emotivo, relazionale, il contesto di vita e familiare, eventuali vulnerabilità della personalità. Risulta chiaro perciò che quando si crea un prodotto sul target bambini e ragazzi questi sono elementi di cui tenere conto. In attesa della definizione del format di Rai radio Kids che come preannunciato tratterà sia l’intrattenimento per i più piccoli ma anche “tematiche sociali” per i più grandi – come bullismo e “educazione all’affettività”, tema questo delicatissimo -, auspichiamo che venga realizzata un’offerta di qualità. In relazione alle tematiche sociali, qualità può essere letta come adeguata alle esperienze personali dei bambini, che possa approfondire la loro condizione e anche sostenere le sfide della crescita nella quotidianità. Per i più piccoli, la fiaba narrata in particolare, mentre interessa il bambino, gli permette di conoscere sé e il mondo e favorisce lo sviluppo della sua personalità. Questo strumento risulta particolarmente utile per sostenere le fasi dello sviluppo.“Le fiabe non dicono ai bambini che esistono i draghi; le fiabe raccontano che i draghi possono essere sconfitti” scriveva Chesterton, così come alcune “cattive” notizie possono essere spiegate ai bambini partendo da un punto di vista costruttivo e mediato.
Tra gli intenti della Rai, espressi dal dg Dall’Orto c’è quello di puntare sulla fiction di animazione e accompagnare la creazione dell’immaginario dei bambini.
Pensiamo per esempio ai risultati della recente ricerca presentata dal network kids De Agostini “I bambini devono sapere: il ruolo della corretta informazione oggi sul target dei nativi digitali”: colpisce anche se prevedibile che il terrorismo venga percepito come “fenomeno incontrollabile e in grado di colpire in qualsiasi momento” e che sia la prima paura per quasi il 90%. Ma comunque i ragazzi preferiscono essere informati perché – dicono – se capiscono la situazione hanno meno paura (60%) e possono evitare il pericolo (53%). La ricerca afferma anche che si vuole essere informati sui casi di violenza sulle donne e sui casi di cronaca nera in genere. Emergerebbe quindi l’esigenza di un’informazione adeguata per loro. Ottima cosa questa se ben calibrata all’età dei bambini, una cosa è spiegare ad un dodicenne un attacco terroristico, un altro farlo con un bambino di 8 anni per esempio.
In ogni caso viene qui da chiedersi quanto l’agenda di informazione confezionata per gli adulti come nel caso dei Tg sia adeguata ai bambini e ai ragazzi. Quanto le guerre e il terrorismo fanno realmente parte della loro vita quotidiana e quanto è utile per loro che lo diventino? Sul fatto che poi i bambini vadano su internet a cercare di soddisfare la curiosità (o le paure) create da queste notizie..probabilmente ci andrebbero comunque anche per altri tipi di interesse se hanno la possibilità di farlo. Domandiamoci piuttosto se noi adulti abbiamo permesso che i bambini venissero in contatto con le “cattive notizie” non adeguate a loro. Ogni contenuto violento se rappresentato con immagini o descrizioni enfatizzate tende a lasciare qualche segno. Il tema è complesso, vorremo però solo ricordare la scia di paure e ansia che spesso lasciano queste notizie – giornalistiche o di fiction – nelle personalità in crescita. Per rendersene conto è sufficiente parlare con i genitori. Crediamo perciò che la soluzione a queste “paure” generate da certi contenuti mediali sia innanzitutto la presa di coscienza che forse abbiamo creato delle ansie aggiuntive ai ragazzi. In questi casi sarebbe bene fare uso del telecomando che per fortuna esiste e non esitare a cambiare canale. Certo si presuppone che ci sia qualcuno a “comandarlo”. La dimensione radiofonica si presenta molto diversa da quella televisiva poiché non sono presenti le immagini, ma ciò non significa che alcune notizie siano edificanti se ascoltate dai bambini soprattutto senza un’adeguata spiegazione da parte degli adulti. Oltre alla crudezza della narrazione, non va dimenticato che i media per loro caratteristica quando raccontano non rispecchiano i fatti presenti nella società ma ne moltiplicano la rappresentazione.
Come uscire da tutto ciò? Poiché non sempre è possibile spegnere la tv o cambiare canale radio, è possibile cercare almeno di assicurare la propria presenza ai bambini, per fornire spiegazioni e visioni del mondo e cercare di destrutturare i meccanismi per loro difficili da capire come quelli della produzione delle notizie.