Privacy, Antonello Soro: ‘Le persone non sono miniere di dati a cielo aperto’
Oggi in occasione della Giornata europea della protezione dei dati personali il convegno organizzato dal Garante Privacy ‘La società sorvegliata. I nuovi confini della libertà’ di Paolo Anastasio dal sito key4biz del 28 gennaio 2016
Il progresso tecnologico ha reso possibile il controllo costante dei nostri movimenti, dei nostri gusti personali e in nome della sicurezza la nostra libertà personale rischia di assottigliarsi in maniera sempre più drastica, anche per colpa nostra. Basti pensare all’esposizione di sé sui social network. E al rischio che il controllo costante dell’algoritmo trasformi la nostra società “in un grande Panopticon, l’architettura di un carcere ideale, nel quale i detenuti sanno di poter essere costantemente osservati, ma non possono verificare se il controllo davvero si verifica. Detenuti che sono dunque visti ma non vedono, sono oggetto di un’informazione ma non soggetti di una comunicazione”. Lo ha detto oggi Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, al convegno “La società sorvegliata. I nuovi confini della libertà”, che si è tenuta nell’Aula dei Gruppi Parlamentari in occasione della Giornata europea di dati personali.
La metafora del Panopticon è calzante, si tratta di un carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham.
Ma quanto controllo può sopportare la nostra democrazia?
Netta la posizione di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali: “Sono convinto che dovremmo contrastare la deriva per cui la persona è considerata come una ‘miniera a cielo aperto’ da cui attingere liberamente, per elaborare profili – individuali, familiari, di gruppo – funzionali ai bisogni di una società compressa tra le esigenze di sicurezza, incalzata dagli interessi dei produttori di tecnologie, minacciata da sottili strategie di esclusione”. “È anche per questo che la privacy come libertà dal controllo – ha proseguito Soro – è condizione della democrazia e del pluralismo, presupposto di dignità e garanzia contro ogni discriminazione. E garanzie ancor più stringenti devono essere previste rispetto al potere investigativo, tanto più in un tempo in cui la minaccia del terrorismo del “tempo ordinario” rischia di diventare un dato strutturale della nostra quotidianità. “Certo, di fronte a chi usa le stragi quale strumento di affermazione e reclutamento, unendo capacità simmetrica (militare) e asimmetrica (attentati), diventa forte la tentazione di scorciatoie emergenziali – ha detto ancora Soro – Penso al paradosso della Francia che vuole inserire l’emergenza in Costituzione. Ma questo vorrebbe dire non solo tradire la nostra stessa identità democratica ma anche fare il gioco dei terroristi, che puntano alla negazione dei principi su cui si fondano le democrazie occidentali”. Una sorveglianza costante che noi stessi alimentiamo con il desiderio di condividere tutto con tutti. Certo, in un mondo iperconnesso è difficile essere soli tecnologicamente. Ma quando l’algoritmo diventa la chiave che orienta i nostri comportamenti bisogna reagire, contrastando la tendenza ad una raccolta indiscriminata dei nostri dati personali per fini di profilazione commerciale. Quindi, secondo Soro, “E’ necessario preservare la nostra identità e la reazione alla minaccia terroristica deve sì essere efficace, ma rispettosa di diritti e libertà fondamentali. Le nostre democrazie diventano vulnerabili se si aprono le porte a forme indiscriminate di sorveglianza di massa”.
Armando Spataro: ‘Criticabile cybersecurity in mano a privati’
E’ “criticabile” la scelta di affidare la sicurezza informatica in Italia “a chi non viene da esperienze istituzionali”. E’ stato solo un passaggio all’interno di un discorso piu’ ampio sulla privacy ma di forte portata quello che il procuratore capo di Torino Armando Spataro ha dedicato all’ipotesi che il governo possa affidarsi anche alla azienda che fa capo a Marco Carrai, vicino al presidente del Consiglio Matteo Renzi, in fatto di agenzia di cyber security in Italia. “Non abbiamo bisogno di ricorrere all’aziendalismo, sia pur efficiente, anche in questo caso”, ha detto Spataro.
Alla stessa sessione di lavori ha preso parte anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega proprio alla sicurezza e intelligence, Marco Minniti, che però né nel suo intervento pubblico né a margine ha commentato le parole di Spataro.
Nel suo intervento Spataro ha detto che un eccesso di informazioni è inutile e anzi, la pesca a strascico dei dati è dannosa e rischia di ostacolare le indagini anti terrorismo. Milioni di dati raccolti in un’unica banca dati sono inutili nella prevenzione di atti terroristici, come ad esempio quelli di Parigi. Il fattore umano, la selezione delle persone da sorvegliare è una prerogativa umana.
Un altro aspetto criticabile, secondo Spataro, è il cosiddetto Pnr per la raccolta dei dati di tutti i passeggeri che prendono un volo. L’eccesso di regolamentazione non semplifica le cose, anzi ed è per questo che Spataro è solidale con la decisione del ministro della Giustizia francese Chrisitne Taubira di dimettersi, in polemica con il giro di vite anti terrorismo del governo Hollande.
Equilibrio fra privacy e sicurezza
Sulla necessità di trovare un equilibrio fra privacy e sicurezza interviene Augusta Iannini, Vice Presidente del Garante Privacy, sottolineando come la profilazione degli individui sia sempre più a rischio sia a scopi commerciali che di sicurezza. Ormai “si fanno profili reputazionali sulle persone attraverso algoritmi matematici”, ha detto Iannini, ricordando il caso della Cina dove è prassi valutare la solvibilità degli utenti tramite i big data raccolti online, per creare una sorta di “database dell’onestà o della moralità” dei cittadini. Ma in Occidente non è un po’ la stessa cosa? La profilazione pubblica e privata usano gli stessi dati, lo scopo commerciale usa anche dati rivolti alla sicurezza pubblica.
Secondo il sociologo Giuseppe Roma oggi “la democrazia non è a rischio se la politica non sfrutta le paure collettive per eccedere nella sorveglianza”. Le persone che si lamentano della poca privacy sono le prime a mettere in piazza i loro dati personali nella Rete.
Il vero problema della crescente percezione di insicurezza è data dal calo della fiducia nelle istituzioni europee, che dal 2000 ad oggi è diminuito del 30% nel nostro paese, con un trend analogo registrato anche in Francia e Germania. Per questo è necessario puntare sulla protezione dei valori collettivi: fiducia nelle istituzioni che devono trovare equilibrio tra libertà e sicurezza.
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