I 15 errori che i genitori dovrebbero evitare sui social network
Una ricerca lancia l’allarme: i bambini vanno in ansia perché mamma e papà postano foto di famiglia senza permesso, mandano sms mentre guidano e non solo. In Francia, chi posta immagini di minori rischia il carcere. Da noi, la polizia postale allerta contro il rischio-pedofili: la metà dei materiali che circola in rete è presa dai profili di Facebook & Co. Con l’aiuto del sociologo, ecco la guida al web per chi ha figli. Di Candida Morvillo dal sito IO DONNA dell’11 marzo 2016
Sono parecchi gli errori che i genitori dovrebbero evitare usando i social network e i telefonini. L’allarme arriva da una ricerca delle Università di Washington e del Michigan, dalla quale emerge che i figli fra i 10 e i 17 anni sono preoccupati dall’eccessiva condivisione di foto e informazioni sulla famiglia da parte di madri e padri. I ragazzini preferirebbero anche che i genitori non mandassero sms e WhatsApp mentre guidano, onde evitare pericoli, e che tenessero i telefoni spenti a tavola, dedicando loro più attenzione. Il campione è piccolo: sono 249 le famiglie testate, in 40 Stati d’America, ma il problema è vasto, al punto che, in Francia, una nuova legge sulla privacy dei minori prevede che i genitori possano diffondere foto dei figli solo col loro consenso, pena un anno di detenzione o una multa da 35 mila euro. In Italia, poche settimane fa, la Polizia Postale ha pubblicato un avviso online invitando le mamme a non postare foto dei figli: «Non divulgate le loro foto in Internet. O quanto meno, abbiate un minimo di rispetto per il loro diritto di scegliere, quando saranno maggiorenni, quale parte della propria vita privata condividere», diceva l’annuncio. E continuava così: «Considerate che oltre la metà delle foto contenute nei siti pedopornografici provengono dalle foto condivise da voi».
Mai prendere lezione dai “mobile born”
«I genitori non hanno la percezione dei pericoli che si corrono su Internet», conferma il professore Francesco Pira, sociologo, docente di Comunicazione e Giornalismo all’Università di Messina e di Comunicazione Pubblica e d’Impresa presso allo Iusve di Venezia e Verona. Nel suo ultimo libro, Social Gossip (edito da Aracne, scritto con la collega sociologa Antonia Cava), un capitolo è dedicato alle nuove generazioni social, dove i “nativi digitali” sono già stati superati dai “Mobile Born”, completamente immersi nell’universo digitale.
«Il primo errore che commettono i genitori riguardo alle tecnologie», osserva Pira, «è prendere lezioni di tecnologie dai figli, ponendosi in una posizione che fa loro perdere autorevolezza e crea uno squilibrio diseducativo».
Apocalittici o (mal) integrati
Il secondo errore fatale arriva subito dopo aver imparato i rudimenti dai bambini… Osserva Pira: «Quando tengo conferenze su questo tema nelle scuole medie e superiori, incontro due categorie di genitori. Parafrasando Umberto Eco: gli apocalittici e gli integrati. Ovvero: o all’oscuro di tutto o eccessivamente tecnologici. Ma questi ultimi commettono spesso gli errori di tanti principianti, abusando dei nuovi mezzi. E così facendo, finiscono per dare il cattivo esempio ai figli».
Sarà difficile infatti, riuscire a pretendere dai figli che non passino tutto il loro tempo su Facebook o sulle chat se questo è quello che noi stessi facciamo appena abbiamo un attimo. Sarà impossibile convincerli a non postare le foto degli amici senza il necessario consenso altrui, se anche noi commettiamo la stessa leggerezza. Sarà impossibile convincerli a non condividere immagini e video imbarazzanti se noi siamo i primi a far circolare le loro foto con le mani nella marmellata o le dita nel naso.
Pedofili e bulli in agguato
«Molti adulti sottovalutano le conseguenze di quello che scrivono o condividono sui social riguardo ai loro figli. Non si rendono conto di fornire materiali ai pedofili o di esporre bambini e ragazzini allo scherno e alle vessazioni del cyberbullismo», osserva Pira. «Viviamo in una società fondata sui figli unici, ormai accecata dalla voglia di rivendicare la propria genitorialità. Si comincia pubblicando la prima ecografia, si prosegue con la prima foto del neonato, del primo dentino, delle marachelle e così facendo si ruba la quotidianeità ai figli».
Le temibili “chat delle mamme”
In qualunque scuola vada, Pira incontri docenti sconsolati per l’invasività delle cosiddette “chat delle mamme”. Chi ha figli ha ben presente quei gruppi di WhatsApp dove possono arrivare centinaia di messaggini al giorno. «In classe, tutti i bambini e i ragazzi hanno ormai il telefonino e, in tempo reale, inviano messaggi a casa se prendono un brutto voto, se l’insegnante sgrida qualcuno eccetera. Immediatamente, la mamma in questione mette in circolo l’informazione sulla chat, scatenando reazioni a catena fra tutte le altre, molte delle quali iniziano a scrivere ai figli che sono in quel momento sui banchi. Quello delle mamme è diventato un occhio del Grande Fratello che segue i figli ovunque, specie in gita, e non si fa scrupolo di condividere la foto appena ricevuta col compagno di classe ubriaco, per esempio. Cosa che può gettare in paranoia un intero gruppo di gentiori». Ma come sottrarsi alla dittatura del WhatsApp delle mamme? «Basta darsi una sola regola: quella chat deve servire a supportare la scuola, non a contrastarla. Va usata con cautela, perché poche parole possono scatenare allarmi che si ingigantiscono e creano paure, discussioni e liti inutili e dannose».
Via d’uscita
Sostiene Pira che l’unico modo per sanare questa situazione è “mandare i genitori a scuola di genitorialità”: «In molti Paesi del Nord Europa lo fanno. Imparano competenze tecnologiche e insieme sociali. Mentre, in Slovenia, ho visitato una scuola con una psicologa nello staff, particolarmente attenta ai casi di cyberbullismo, più facili da essere intercettati a scuola che a casa. I ragazzi avevano imparato a rivolgersi a lei per dubbi, consigli, confronti emotivi, a volte difficili con professori e genitori».